A Gaza Israele gioca con il tempo e la morte
Il governo Netanyahu vuole riaprire il valico di Rafah solo in uscita. No dell’Egitto. Restituiti corpi martoriati di 345 palestinesi. «Il tempo qui non ha alcun valore», racconta alle telecamere di Al Jazeera Firyal Abu Rjeileh, residente a Ramallah. Anche gesti quotidiani come comprare un libro per i figli, che normalmente richiederebbero pochi minuti, si trasformano in ore a causa dei blocchi militari. Intanto a Gaza, giocando con il tempo e con la morte, il Cogat israeliano ha annunciato su X la riapertura nei prossimi giorni del valico di Rafah, al confine con l’Egitto, grazie al coordinamento con il Cairo e sotto la supervisione della missione europea. Chi vorrà lasciare la Striscia dovrà ottenere un’autorizzazione da Israele: il movimento sarà consentito solo da Gaza verso l’Egitto, e non viceversa. NEI TERMINI del cessate il fuoco di Trump sarebbe prevista invece la riapertura del valico di Rafah in entrambe le direzioni, permettendo a chi è rimasto bloccato all’esterno e vuole rientrare – decine di migliaia di persone – e a chi desidera partire o ricongiungersi con le famiglie di esercitare la propria libertà di movimento. La riapertura paventata da Israele non consente il ritorno a Gaza né il libero flusso di aiuti umanitari. E rischia di accelerare il processo di spopolamento della Striscia. Il servizio informazioni dello Stato egiziano ha già respinto l’annuncio israeliano di un’apertura unidirezionale del valico. Lo stesso senso unico che è stato mantenuto durante il primo cessate il fuoco, nel gennaio 2025, quando Rafah era stato riaperto brevemente. Ora, insieme ad altri quattro valichi, avrebbe dovuto funzionare regolarmente, e invece no. Non l’unica promessa rimasta inattuata: degli aiuti umanitari su larga scala, previsti nella prima fase del «piano di pace», non c’è ancora traccia. Nel frattempo, mentre Hamas e Jihad islamica ieri hanno consegnato la salma di un altro ostaggio deceduto, la morte a Gaza arriva congelata e numerata. Israele ha restituito i corpi di 345 palestinesi, molti difficili da identificare: bruciati, recisi, con incisioni ricucite. Solo 99 sono stati riconosciuti dai familiari, gli altri sepolti senza nome in fosse comuni. «Il corpo era bruciato e presentava circa sei o sette proiettili. Era completamente congelato», racconta Ramadan, che ha riconosciuto un parente. Per i medici legali di Ga2a è impossibile effettuare esami completi, mancano le attrezzature necessarie. NEL PROCESSO DI CONSEGNA Israele non fornisce nomi, rapporti forensi, informazioni sulle condizioni o sulla causa della morte alle autorità palestinesi e alle famiglie, che rimangono in un limbo anche dopo aver finalmente seppellito i propri cari, con la domanda senza risposta su cosa sia stato fatto ai loro corpi oppure cosa abbiano dovuto subire in vita. Di preservare la vita di molti palestinesi c’è estrema urgenza: Hani Isleem, coordinatore delle evacuazioni mediche da Gaza per Medici senza frontiere, denuncia un bisogno «davvero enorme» di trasferire un gran numero di malati e feriti. Nonostante i proclami di alcuni paesi, il numero dei pazienti accolti è per lo più insignificante: l’Italia ne ha ricevuti circa 200, la Francia 27. Soltanto l’Egitto ed gli Emirati Arabi Uniti ne hanno accolti in gran numero. Che rimane comunque «una goccia nell’oceano», avverte Isleem. Dall’inizio della guerra, l’Oms stima circa 8 mila evacuazioni: «I paesi stanno impiegando troppo tempo per decidere, ma non si può aspettare». Gaza resta intrappolata tra blocchi militari, valichi chiusi e un’emergenza medica senza precedenti, con famiglie che lottano per sopravvivere al freddo, identificare i propri cari e ottenere cure essenziali. Circa 42 mila palestinesi riportano lesioni gravi che hanno cambiato la loro vita, quasi il doppio rispetto al dato registrato un anno fa. A luglio 2024 erano già stati documentati più di 22 mila casi, un numero che ha continuato a salire con il protrarsi degli attacchi israeliani. Le lesioni più comuni includono traumi complessi agli arti, amputazioni, ustioni, danni al midollo spinale e al cervello, molti dei quali causano la perdita permanente della mobilità o della sensibilità. I bambini rimangono tra i più colpiti, con disabilità a lungo termine. Quando non li uccidono, le forze israeliane impediscono ai giornalisti di fare il proprio lavoro: accade ancora a Qabatiya, nel sud di Jenin, dove proseguono con ritmo chirurgico le perquisizioni delle abitazioni e gli arresti dei residenti. Durante una di queste operazioni è stato picchiato un bambino, mentre altri due palestinesi, 60 e 14 anni, sono stati feriti da soldati israeliani nel vicino villaggio di Misilyah. ALMENO 300 COLONI hanno fatto una nuova irruzione nella moschea di Al-Aqsa, a Gerusalemme est, celebrando rituali provocatori, mentre l’accesso dei fedeli palestinesi resta limitato. A Gaza City due palestinesi sono stati uccisi nel quartiere di Zaytoun, fuori dalla cosiddetta linea gialla, nell’ennesima violazione del cessate il fuoco.