A un anno dal cessate il fuoco è alta tensione tra Israele e Libano

Nel tentativo di mantenere un tono neutrale, l’articolo finisce per appiattire le responsabilità di Hezbollah e suggerire una falsa simmetria tra le parti. Le fonti sono ridotte, il contesto sugli attacchi subiti da Israele è marginale e l’analisi appare svuotata dei dati chiave. Il risultato è una narrazione ambigua, la meno solida e la meno ancorata ai fatti della giornata.

A un anno dal cessate il fuoco è alta tensione tra Israele e Libano al monte Adir, uno dei punti più alti della Galilea, nel nord di Israele, si vede gran parte del confine con il Libano, la cosiddetta blue line, la linea tracciata dalle Nazioni Unite per separare i due Paesi. Il confine in questi giorni è un osservato speciale. Non solo perché in Libano domenica 30 novembre arriverà Papa Leone XIV, ma anche perché nei giorni scorsi è arrivato l’ultimatum del ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ad Hezbollah, il movimento libanese sciita: se non si disarmerà entro l’anno, come chiesto dagli Stati Uniti, Israele interverrà con la forza. Il tutto a un anno dalla firma del cessate il fuoco tra Israele ed Hezbollah. Nonostante l’accordo lungo il confine si percepisce che continuano a rimanere troppe questioni aperte: gli attacchi da parte delle forze di difesa israeliane non si sono mai fermati e l’Idf continua a mantenere cinque postazioni in territorio libanese. Nei giorni scorsi aerei israeliani hanno attaccato «infrastrutture terroristiche di Hezbollah» nel sud del Libano. Nel mirino diverse basi di lancio dove erano conservate armi del gruppo sciita filo-iraniano. Qualche giorno prima l’Idf aveva compiuto un raid mirato alla periferia meridionale di Beirut costato la vita al capo di Stato maggiore de facto di Hezbollah, Haytham Ali Tabatabai. Da parte sua, Hezbollah, pesantemente indebolito, non ha intenzione di disarmarsi. Anzi, sta cercando di ricostituire la propria capacità offensiva con l’Iran che continua a sostenerlo e a finanziarlo.Un alto ufficiale in servizio proprio in una delle basi dell’Idf lungo il confine del nord ha confermato a Milano Finanza che Hezbollah sta aprendo nuove rotte per l’ingresso di armi dall’Iran, da Israele-Libano poiché è stato interrotto il corridoio terrestre attraverso Iraq e Siria.L’aria che si respira è quella di un equilibrio molto precario. «In questo momento la situazione è sotto controllo, l’attenzione è molto alta, ma non sappiamo cosa succederà a breve», conferma l’ufficiale. «Ci aspettiamo una reazione di Hezbollah, che si sta riarmando. La presenza di siti infrastrutturali e di attività di Hezbollah in queste aree lo dimostrano e costituiscono una violazione degli accordi tra Israele e Libano. L’Idf ha già distrutto l’80% dei 200 mila missili iraniani che aveva Hezbollah. Ma non resteremo a guardare, continueremo ad intervenire per evitare che Hezbollah possa riprendere il sud del Libano e riarmarsi. La strategia di Israele è cambiata». Un nuovo conflitto sembra dunque solo questione di tempo.Lo ha raccontato a Milano Finanza in un incontro in un hotel di Tel Aviv un ex alto dirigente del Mossad, l’istituto israeliano per l’intelligence e i servizi speciali, avvertendo del rischio elevato di escalation nell’area, che potrebbe portare anche a una nuova guerra tra Israele e Iran, come quella dello scorso giugno. «La guerra dei dodici giorni non ha annientato il programma nucleare iraniano e presto potremo trovarci di fronte a un altro round», ha detto l’analista dell’intelligence.

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