All`Onu schermaglie e sabotaggi prima del piano Usa per Gaza
Il pezzo coglie il clima diplomatico intorno alla risoluzione, ma utilizza una cornice narrativa ambigua che attribuisce a Israele dinamiche di “sabotaggio” senza solide basi. Informativo ma sbilanciato nella scelta del linguaggio, che tende a suggerire più di quanto dimostri.
I n attesa di sapere come avrebbe votato, nella notte italiana, il Consiglio di sicurezza per il futuro di Gaza, i negoziatori di Trump per ottenere il via libera al piano Usa hanno trattato su vari fronti. Perché l’ok di Paesi come Cina e Russia va guadagnato su altri tavoli, a cominciare dall’Ucraina. Perciò la proposta americana portata davanti al Consiglio di sicurezza risentiva di questi “tavoli esterni”. La proposta di risoluzione redatta dagli Stati Uniti chiedeva al Consiglio di sicurezza di appoggiare il piano di pace del presidente Donald Trump per Gaza, autorizzando una forza internazionale di stabilizzazione per l’enclave palestinese. Israele e il gruppo militante Hamas hanno concordato il mese scorso la prima fase del piano in 20 punti di Trump per Gaza – un cessate il fuoco nella loro guerra durata due anni e un accordo per il rilascio degli ostaggi – ma una risoluzione delle Nazioni Unite è considerata fondamentale per legittimare un organo di governo transitorio e rassicurare i Paesi che stanno valutando l’invio di truppe a Gaza. L’ultima bozza della risoluzione, secondo quanto era trapelato poche ore prima del voto, afferma che gli Stati membri possono partecipare al cosiddetto Consiglio di pace, concepito come un’autorità di transizione che supervisionerebbe la ricostruzione e la ripresa economica di Gaza e che sarebbe guidato da un “comitato” coordinato da una personalità esterna (Tony Blair) insieme ad altre figure rappresentative del mondo arabo e palestinese, tra cui l’ex ambasciatore palestinese all’Onu, Nasser Al Kidwa. Autorizza inoltre la forza internazionale di stabilizzazione, che dovrebbe garantire un processo di smilitarizzazione nella Striscia, anche attraverso lo smantellamento delle armi e la distruzione delle infrastrutture militari. La Russia, che detiene il diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza, aveva ventilato una potenziale opposizione al piano di Washington, presentando una propria risoluzione nella quale chiedeva di esplorare altre opzioni per una forza internazionale a Gaza. «I tentativi di seminare discordia ora, mentre l’accordo su questa risoluzione è in fase di negoziazione, hanno conseguenze gravi, tangibili e del tutto evitabili per i palestinesi a Gaza», ha affermato il portavoce della missione statunitense. A sorpresa, però, da Ramallah l’Autorità palestinese venerdì scorso aveva manifestato sostegno al piano redatto dagli Stati Uniti. «Ci aspettiamo un ampio sostegno alla risoluzione», aveva dichiarato sotto anonimato un diplomatico delle Nazioni Unite: «Sebbene la Russia abbia talvolta accennato a un possibile veto – è il ragionamento – , sarebbe difficile opporsi a un testo sostenuto dalla Palestina e dalla regione». Lo stesso varrebbe probabilmente per la Cina, che detiene anch’essa il diritto di veto. E così a lavorare sottobanco per far saltare i piani è stata la diplomazia israeliana su preciso mandato del premier Netanyahu che poche ore prima ha tentato il sabotaggio unendosi alla posizione del ministro estremista Ben-Gvir contro ogni ipotesi di riconoscimento dello stato palestinese. Gaza «sarà smilitarizzata e Hamas sarà disarmato», ha reagito il premier israeliano sperando così di salvare la coalizione che gli garantisce di restare al potere. Parole che hanno provocato irritazione in ambienti vicini a Trump. L’ultima bozza americana affermava che «le condizioni potrebbero finalmente essere mature per un percorso credibile verso l’autodeterminazione e la statualità palestinese», una volta che l’Autorità palestinese avrà attuato un programma di riforme e la ricostruzione di Gaza sarà avanzata. A essere contrari alla proposta discussa dal Consiglio di sicurezza non sono solo i mediatori israeliani ma anche Hamas, che attraverso suoi canali ha parlato di «passo pericoloso verso l’imposizione di una tutela straniera sul territorio», affermando che la proposta di Trump sarebbe invece al servizio degli interessi di Tel Aviv.