Appello di 180 professori: «Liberate l’imam di Torino»

Presidio anarchico fuori dal Cpr ¦ Un appello firmato da 181 docenti e ricercatori delle università italiane per esprimere «profonda preoccupazione per la situazione di Mohamed Shahin», l’imam della moschea Omar Ibn al-Khattab di Torino, attualmente trattenuto nel Centro di permanenza per il rimpatrio di Caltanissetta dopo il decreto di espulsione emesso dal Ministero dell’Interno. «Liberatelo», è il grido di battaglia. Tra le firme c’è quella di Alessandra Algostino, ordinaria di diritto costituzionale a Torino e anche componente del comitato dei garanti che supervisiona il progetto della regolarizzazione di Askatasuna. «Mohamed Shahin – si legge nel testo diffuso sul web – è da lungo tempo impegnato in pratiche di dialogo interreligioso e cooperazione sociale. Numerose comunità religiose, associazioni civiche e gruppi interconfessionali hanno pubblicamente attestato il suo contributo alla costruzione di relazioni pacifiche tra diverse componenti della città di Torino, evidenziando la natura collaborativa e aperta della sua attività». E ancora: «È noto che il signor Shahin, prima del suo arrivo in Italia oltre vent’anni fa, era considerato oppositore politico del regime egiziano. La prospettiva di un suo ritorno forzato in Egitto lo esporrebbe concretamente a rischi di persecuzione, detenzione arbitraria e trattamenti inumani. Le motivazioni alla base della revoca del permesso di soggiorno appaiono collegate alle sue dichiarazioni pubbliche sulla situazione a Gaza e alle sue posizioni critiche rispetto all’operato del governo israeliano. Se così fosse, ci troveremmo di fronte a un precedente estremamente preoccupante: l’uso di strumenti amministrativi per colpire l’esercizio della libertà di opinione, tutelata dall’articolo 21 della Costituzione e da convenzioni internazionali cui l’Italia aderisce». La domanda sorge spontanea: difendere gli attacchi terroristici del 7 ottobre del 2023 perpetrati da Hamas va considerata libertà di pensiero? Intanto, ieri, un centinaio di persone ha organizzato un presidio davanti all’ingresso del Cpr di Torino in segno di solidarietà a Mohamed Shahin. L’iniziativa è stata portata avanti dal coordinamento “Torino per Gaza”. «Una semplice dichiarazione fatta in piazza – è stato spiegato – è bastata come scusa per arrestare Shahin, revocargli il titolo di soggiorno e rinchiuderlo nel Cpr di Caltanissetta, lontano dalla sua comunità e dai suoi affetti, per una deportazione che, se avvenisse, porterebbe a reclusione e torture nelle carceri egiziane». La protesta è stata rivolta anche verso i Cpr, definiti fra i «luoghi più opachi e disumanizzanti a disposizione della macchina repressiva dello Stato». Fra i presenti una massiccia presenza di anarchici.

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