Colloqui diretti tra Israele e Libano: Hezbollah è sempre più nell’angolo
Continua senza sosta l’azione diplomatica americana in Medio Oriente, la costruzione della grande architettura degli Accordi di Abramo. Ieri la base della missione Unifil II a Naqoura ha ospitato l’incontro fra due rappresentanti civili di Israele e Libano. Non accadeva da almeno 40 anni. Simon Karam, ex ambasciatore libanese a Washington, e Uri Resnik, membro del Consiglio nazionale di sicurezza israeliano, si sono uniti all’organismo di monitoraggio del cessate il fuoco, nato nel novembre del 2024 dopo un anno di combattimenti fra l’Idf e Hezbollah. Dell’organismo fanno parte Onu, Francia e Stati Uniti. A partecipare alle riunioni fino ad ora erano stati solo rappresentanti del comparto militare. Libano e Israele sono due Paesi formalmente in guerra che non intrattengono relazioni diplomatiche. Le repentine nomine di Karam e Resnik nascono dalla pressione che l’Amministrazione Trump sta esercitando per salvare il progetto di pacificazione regionale. Secondo l’esercito israeliano sono oltre 1.200 gli attacchi condotti in Libano nel corso dell’anno di “tregua”, 370 i «terroristi» uccisi. Le operazioni volute da Tel Aviv nascono dall’insoddisfazione per il mancato disarmo di Hezbollah, elemento fondamentale del cessate il fuoco. Il Partito di Dio, militarmente ridimensionato dal conflitto, resiste alla cessione del suo imponente e occulto arsenale. Nei mesi scorsi è arrivato minacciare una guerra civile nel caso il cui l’esercito libanese si spingesse troppo oltre nell’operazione, fortemente voluta dal presidente ed ex generale Michel Aoun ed estesa alle numerose milizie presenti in Libano. L’esile filo diplomatico stabilito ieri isola ulteriormente Hezbollah, membro del cosiddetto “asse della resistenza” che Israele ha colpito con efficacia strategica negli ultimi due anni: l’Iran, gli Houti yemeniti, Hamas, la Siria di Assad, collassata l’8 dicembre dell’anno scorso, e le milizie irachene. L’inviato americano Tom Barrack, in visita a Baghdad lunedì, ha ammonito il primo ministro al-Sudani che Israele è pronto a colpire i gruppi sciiti nel caso in cui questi cerchino di offrire supporto a Hezbollah. Lo stesso messaggio è da tempo arrivato a Damasco. Ieri le forze di sicurezza siriane hanno arrestato quattro presunti contrabbandieri impegnati a far entrare in territorio libanese un carico di mine. Il monito coinvolge anche il governo Netanyahu: «Nulla interferisca con l’evoluzione della Siria in uno Stato prospero. La Siria e Israele avranno una lunga e prospera relazione», ha intimato lunedì il presidente americano Trump. Venerdì scorso l’esercito israeliano aveva condotto un’operazione nel sud della Siria, conclusasi con l’uccisione di 13 uomini e la condanna di Damasco. «L’incontro in Libano è un primo tentativo di gettare le basi per una relazione e una cooperazione economica tra Israele e Libano», ha commentato Shosh Bedrosian, portavoce del governo israeliano, al termine dello storico incontro di Naqoura. «I colloqui diretti tenuti tra Libano e Israele non sono negoziati di pace politici», ha immediatamente replicato il premier libanese, Nawaf Salam.