Da New York ai fuochi di Parigi contro gli “insoumis” antisemiti

L’analisi di Bernard-Henri Lévy è un testo cruciale che sposta il dibattito dal fango di Gaza all’infezione ideologica in Occidente, in perfetta linea con l’obiettivo di criticare la propaganda anti-israeliana con argomenti di merito. Lévy fornisce una diagnosi netta dell’antisemitismo mascherato da anti-sionismo in Europa e negli Stati Uniti. L’autore porta prove documentate, citando le parole del candidato progressista di New York, Zohran Mamdani, che accusa l’IDF di “allacciare lo stivale della polizia newyorkese sul collo” dei manifestanti, un clamoroso riciclo di un classico cliché antisemita. Lévy condanna anche il sostegno dei leader francesi de La France Insoumise (LFI), come Mélenchon, che giustificano l’atto di teppismo di lanciare fumogeni e provocare il panico durante il concerto dell’Orchestra Filarmonica di Israele a Parigi. L’articolo dimostra come la “strumentalizzazione della causa palestinese” da parte di questi gruppi oscuri la bussola etica dell’Occidente e renda ciechi di fronte a veri drammi come gli Uiguri o il Sudan.

Prima delle elezioni a sindaco di New York, ho messo in guardia dal rischio di veder trionfare Zohran Mamdani. In quell’occasione ho spiegato che il problema non era che il giovane candidato è “progressista” o “socialista”, ovviamente. Bensì antisemita. «Sul serio?», hanno reagito molti commentatori. «E quali elementi hai per dirlo? Quali prove? E che cosa è questa mania di vedere l’antisemitismo ovunque?». Ebbene, ripeto e puntualizzo. Un uomo la cui prima reazione dopo il 7 ottobre è stata quella di chiedere (su X, l’8 ottobre del 2023) «la fine dell’occupazione» e lo «smantellamento dell’apartheid» non è esattamente un amico degli ebrei. Un militante che si rifiuta (intervista con Tim Miller per il sito The Bulkwark, 17 giugno del 2025) di condannare il progetto di «globalizzazione dell’Intifada» (vale a dire, se le parole hanno ancora un senso, uccidere ovunque il maggior numero possibile di ebrei e, in particolare, di sionisti) è, nella migliore delle ipotesi, un irresponsabile. Nella peggiore, è un sostenitore del terrorismo. Infine, un oratore capace di dire (all’assemblea generale dei socialdemocratici americani, nell’agosto del 2023) che «lo stivale della polizia newyorchese che preme sul collo» di un manifestante è stato «allacciato dall’esercito israeliano» è un antisemita nel profondo, uno che ricicla i cliché più stantii sugli ebrei padroni del mondo. Ecco tre fatti. Tre citazioni precise e documentate. Dopo di che, fare il broncio, esprimere scetticismo e fare come la tarantola di Nietzsche ripetendo, come un disco rotto, «le prove! Vogliamo le prove!» non fa che confermare un’unica cosa: abbiamo perso tutti i punti di riferimento, ogni senso etico, la bussola. Stiamo attenti: la Storia non propina mai gli stessi piatti, ma ripete in continuazione le vecchie infamie. La stessa cosa accade a Parigi. L’Orchestra filarmonica di Israele ci fa l’onore di venire alla Filarmonica di Parigi. Nell’orchestra suonano – occorre precisarlo? – ebrei, drusi, arabi. Il suo direttore musicale, Lahav Shani è nemico dichiarato di Netanyahu ed è una voce di pace in Israele. Non importa! Le bande filo-Hamas, i fanatici del boicottaggio e, soprattutto, il sindacato francese Cgt Spectacle chiedono la cancellazione dell’evento. Un gruppo di imbecilli, prendendoli in parola, dopo l’inizio del concerto si alza in piedi, urla al genocidio, lancia opuscoli, accende fumogeni e provoca non soltanto il panico ma anche un principio d’incendio. E come reagiscono a quel punto gli amici francesi di Mamdani? Che cosa dicono i responsabili di Insoumis, di fronte a questi ebeti che credono di manifestare per la giustizia interrompendo un’orchestra di pace? Mélenchon spiega che «non si può impedire alle persone di esprimere la propria protesta contro un genocidio». Thomas Portes plaude agli scontri e invita a «moltiplicare le azioni». Altri ancora, cast di supporto, assicurano il loro «appoggio totale» a queste coscienze senz’anima che ignorano tutto della causa che sostengono di difendere. Domanda: cos’altro serve prima che queste persone inizino a ribellarsi contro questa lebbra che avanza? Un linciaggio? Un 7 ottobre francese? Un altro 13 novembre? Questo non è un incidente: è un avvertimento. È indispensabile capirlo, prima che il fuoco che cova in una delle più belle sale da concerto d’Europa divampi sul serio negli animi. I grandi incendi iniziano tutti così: con un fuocherello spento male, una rinuncia di troppo, una vigliaccheria in più. Per me, ebreo universalista, gli sbraiti di questi presunti insoumis, la loro strumentalizzazione della causa palestinese e il loro antisemitismo sempre più sfrenato hanno una conseguenza ulteriore: una parte dei giovani di oggi, negli Stati Uniti, in Francia, altrove, è resa sorda e cieca nei confronti delle altre guerre e delle altre disgrazie che tormentano il pianeta. L’ho già detto. E lo ripeto oggi che a Gaza sembra imporsi un fragile cessate il fuoco. Vorrei tanto che gli indignati di buona volontà, abusati da questa propaganda, si preoccupassero per esempio del genocidio in corso tra gli Uiguri in Cina. Riterrei bello che dedicassero anche solo una piccola parte della loro collera a quegli autentici buchi neri, dimenticati dal resto del mondo, che sono le guerre in Africa. Come sarebbe migliore il mondo se si prendesse atto una buona volta del disastro umanitario, dell’affamamento organizzato e anche lì, come nel caso degli Uiguri, delle vere mire genocidarie di cui è teatro un Paese come il Sudan! Documento questo abominio da un quarto di secolo. Ho realizzato, assieme ad altri, reportage sul campo a Khartum, a Porto Sudan, nel Darfur, e ho tutta l’intenzione di ricominciare. Ma perché siamo così pochi? Così soli? Perché gridiamo nel deserto? Che cosa impedisce a tutte e tutti coloro che nei campus universitari gridano tutto il giorno AllEyesOnGaza (tutti gli occhi puntati su quello che accade a Gaza) di gridare anche AllEyesOnSudan? Forse il tremendo adagio “No Jews, no news” (se non ci sono di mezzo gli ebrei, non fa notizia) … Oppure, forse, l’idea funesta che, se non si possono incriminare gli ebrei, una catastrofe non suscita interesse… Non voglio credere che sia così.

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