Disarmo a rilento in Libano. Pressioni Usa su Hezbollah
I cessate il fuoco che avrebbero dovuto portare calma nella Striscia di Gaza e al confine fra Israele e Libano stanno per crollare: i segnali ci sono tutti. Le relazioni tra Stati Uniti e Libano sono in crisi e l’annullamento della visita del comandante dell’esercito libanese a Washington ne è la cartina tornasole. L’amministrazione Usa non è soddisfatta di come procede il disarmo di Hezbollah, anzi, secondo informazioni di Intelligence arrivate alla Casa Bianca, i terroristi sciiti hanno ripreso a finanziarsi e a ricostruire i propri ranghi. La pazienza è agli sgoccioli e gli Usa pretendono che il governo libanese adotti misure drastiche per impedire a Hezbollah di riprendere vigore. Washington, che ha mediato tra Libano e Israele da una parte placando le crescenti richieste israeliane e dall’altra incoraggiando Beirut a fare di più, vuole uscire dallo stallo che mette in pericolo i piani a lunga scadenza del Presidente Donald Trump. A mettere benzina sul fuoco è stata la dichiarazione del Dipartimento del Tesoro USA che ha puntato il dito contro la Forza Quds iraniana, designata come organizzazione terroristica, che da gennaio 2025 ha trasferito 1 miliardo di dollari a Hezbollah per mezzo di società cambio valuta. A Washington, come era logico prevedere, stanno toccando con mano quello che Gerusalemme aveva predetto, e cioè che i cessate il fuoco altro non sono che un periodo di fermo utile ai terroristi per riarmarsi. Hezbollah ha dichiarato che una delegazione di Hamas, di cui fa parte Khalil al-Hayya, quello che si sarebbe dovuto incontrare in Turchia con l’inviato speciale degli Stati Uniti in Medio Oriente Steve Witkoff, arriverà al Cairo nelle prossime ore. L’obiettivo è coordinare con i paesi arabi il rafforzamento della posizione nazionale palestinese contro i piani israeliani. Ecco spiegato perché l’appuntamento di Ankara è stato annullato da Washington all’ultimo momento. L’Egitto continua a ospitare terroristi e per Gerusalemme, al pari della Turchia e del Qatar, sta diventando un collaboratore esterno del terrore. Per gli osservatori è quasi certo che questo potrebbe portare a un veto da parte israeliana sulla presenza di soldati egiziani nell’eventuale futura forza internazionale a Gaza . È probabile che finanziamenti iraniani, e di conseguenza riarmo in previsione della ripresa dei combattimenti, siano arrivati anche ad Hamas a Gaza. Sono due i segnali in questo senso: l’esercito israeliano ha negli ultimi giorni eseguito diverse operazioni per distruggere nuovi magazzini di armi dei quali fino a poco tempo fa non se ne conosceva l’ubicazione, e poi, e la notizia non è da poco, Hamas ha comunicato a Steve Witkoff che l’accordo di cessate il fuoco è terminato e che l’organizzazione terroristica è pronta a combattere. Nuove armi, nuova guerra. Nella dichiarazione spiccava una frase emblematica: «Gaza non sarà il Libano». Frase che può essere interpretata come atto di accusa nel caso Hetzbollah accettasse di ritirarsi a nord del fiume Litani, oppure come incitamento a non farsi disarmare per riprendere la guerra, appena pronti, contro lo Stato Ebraico. Teheran ha promesso armi e soldi, a quanto pare sta mantenendo la parola data. Se a questo aggiungiamo che l’esercito israeliano sta fortificando le posizioni sul Golan al confine con la Siria a difesa delle popolazioni druse, il quadro, per niente rassicurante, è completo.