Gaza, le Ong: per i profughi l’inverno più terribile. In Egitto i colloqui sulla fase 2
La fase 2 dell’accordo di pace mediato dall’amministrazione Trump su Gaza è stato oggetto di discussione delle delegazioni di Egitto, Qatar e Turchia, ieri al Cairo. I Paesi, mediatori insieme agli Stati Uniti del cessate il fuoco nella Striscia, si sono confrontati su come collaborare con il governo americano per garantire il successo dell’attuazione della seconda fase del piano. Ma nei territori il cessate il fuoco mostra ancora tutta la sua fragilità. Ieri, fa sapere l’ospedale Nasser, un palestinese è stato ucciso dall’esercito israeliano a Basni Suheila, a est di Khan Younis e cinque miliziani usciti dai tunnel nei pressi di Rafah, ha dichiarato l’Idf, sono stati uccisi dalle truppe della Brigata Nahal durante i controlli della zona. Anche il processo di restituzione delle salme degli ostaggi non è ancora terminato. Ieri i militari delle Forze di difesa israeliane hanno ricevuto i resti di una persona. Se l’identità dell’ostaggio venisse confermata, i corpi ancora in mano ad Hamas sarebbero due. Restano drammatiche le condizioni di vita dei ga2awi. L’economia dei territori palestinesi occupati è precipitata «nella peggiore recessione mai registrata» hanno affermato le Nazioni Unite, spiegando che due anni di operazioni militari e restrizioni hanno vanificato decenni di progressi nello sviluppo e aggravato la fragilità fiscale e sociale. Ma l’allarme arriva anche dalle Ong. A causa delle violenti piogge che stanno colpendo Ga2a, la situazione degli sfollati viene definita «catastrofica» da Amjad Al-Shawa, responsabile della rete di organizzazioni non governative nella Striscia. Gli abitanti dell’enclave, ha spiegato, stanno affrontando l’inverno più difficile di sempre: le loro tende già fatiscenti si sono allagate, mancano materassi e coperte e nei campi gli israeliani non lasciano arrivare gli aiuti necessari. Le necessità sono enormi perché, aggiunge Al-Shawa, le tende entrate nei territori coprono solo il 10% del fabbisogno. Se da un lato diversi Paesi allentano l’allerta viaggi in Israele dopo il cessate il fuoco, non mancano iniziative politiche dalla popolazione civile. Ieri la Commissione europea ha ritenuto ammissibile una iniziativa dei cittadini europei che chiede la sospensione dell’accordo di associazione Ue-Israele «alla luce della violazione dei diritti umani». I promotori avranno 6 mesi per raccogliere un milione di firme, necessarie perché la loro richiesta venga analizzata nel merito dalla Commissione. Ma il governo Netanyahu affronta tensioni anche in patria. Dopo l’approvazione della legge che consente la pena di morte per chi uccide gli israeliani, l’associazione nazionale dei medici ha dichiarato che non accetterà di essere coinvolta nelle esecuzioni. «Le nostre conoscenze – ha affermato Alberto Olchovsky, rappresentante dell’associazione – non devono essere utilizzate per scopi che non promuovano la salute e il benessere». Critiche arrivano anche da ex alti funzionari della difesa e della giustizia che hanno dichiarato che «la proposta danneggerà gravemente la sicurezza di Israele e dei suoi cittadini e potrebbe mettere in pericolo ebrei e israeliani in tutto il mondo».