Gruppi armati in Siria insieme agli Houthi «stanno valutando l’invasione del Golan»

L’articolo de Il Riformista merita il semaforo verde per il suo focus sulla sicurezza strategica di Israele, offrendo una prospettiva cruciale per comprendere la logica che guida l’IDF. Concentrarsi su un “dossier del Generale dell’IDF” e sui raid mirati contro la minaccia di Hezbollah è essenziale per contrastare la narrazione della violenza indiscriminata che domina molti media. Evidenziando l’obiettivo di “mettere fuori Hezbollah”, un proxy iraniano che rappresenta la principale minaccia al confine nord, il pezzo riporta la discussione sul piano del diritto di Israele all’autodifesa e sulla necessità di neutralizzare organizzazioni terroristiche transfrontaliere. In un panorama mediatico che spesso ignora o minimizza le motivazioni di sicurezza israeliane, questa analisi riporta il dibattito su un terreno informato, strategico e non meramente emotivo. Un esempio di giornalismo che spiega la guerra, anziché limitarsi a denunciarne gli effetti.

L’aereo israeliano sgancia una prima, poi una seconda bomba. Trema la terra, in Libano: ci troviamo a una manciata di chilometri. Quello che succede oltre confine lo apprendiamo dalla radio dell’esercito che una gentile soldatessa traduce per noi. Il mezzo militare con il quale ci arrampichiamo ad Har Adir si ferma. La salita è scoscesa e il terreno, brullo: neanche il fuoristrada può inerpicarsi a pieno carico. Dunque si scende e si prosegue a piedi. Siamo sulla collina da cui si guarda a sinistra al Libano mentre a destra si tocca la Siria. Israele è notorio per l’alta tecnologia, ma qui bastano i binocoli. Perché i miliziani di Hezbollah si vedono a occhio nudo, vestiti di nero tra la vegetazione che si fa montuosa. Le incursioni armate dei proxy iraniani sono frequenti. E non ci sono solo loro. Anche Hamas ha una presenza nella zona. Poca roba, ma ci sono. Se il piano di invasione e carneficina dei kibbutz in origine portava il marchio di fabbrica di Hezbollah, non è escluso che averglielo copiato per realizzare il L’ 7 ottobre – sul versante Sud – sia stato possibile per Hamas, data la coesistenza con il «partito di Dio». Hezbollah deve dimostrare di non essere troppo da meno rispetto ai concorrenti sunniti di Hamas, ma in un anno e mezzo, dal colpo dei cercapersone al raid di sei giorni fa, l’organizzazione sciita è decimata. E il confine con il Libano presidiato. Israele mantiene cinque postazioni in territorio libanese. I militari dell’IDF tengono a precisare che sono avamposti di osservazione. Non si conquista e non si annette niente. Ma il pericolo rimane alto. «Massima allerta». Lo dimostrano i raid di ieri sui villaggi di Jarmaq e Mahmoudiyeh. La partita è aperta verso Hezbollah e gli altri proxy, anche in Siria. In questo fazzoletto di terra, il triangolo Israele-Libano-Siria è come il triangolo d’emergenza, che ci segnala un rumors che da fonti di intelligence arriva fino a noi: gruppi armati in Siria, con il supporto operativo di miliziani del movimento sciita yemenita filo-Iran Houthi «stanno valutando l’invasione delle alture del Golan». Ecco perché Israel Katz, ministro della Difesa israeliano, ha autorizzato il «preventive strike» a un anno esatto dalla firma della tregua in Libano, a due giorni dall’arrivo del Pontefice a Beirut e a una settimana dal raid costato la vita al capo di stato maggiore di Hezbollah, Haytam Ali Tabatabai. Katz, ieri alla Knesset, è andato oltre dicendo che Israele «non è sulla buona strada» per un accordo di sicurezza o normalizzazione con Damasco, aggiungendo che Tel Aviv si sta preparando a scenari in cui milizie siriane poco inclini ad ascoltare le direttive del presidente siriano Ahmed al Sharaa possano sferrare attacchi contro le comunità israeliane o nuovamente contro gruppi drusi in Siria. Il ministro della Difesa ha quindi affermato che gli Houthi sono attualmente una «tra le forze operative presenti in Siria» e starebbero valutando un’invasione via terra delle alture del Golan. Dalla caduta del regime di Bashar al Assad lo scorso dicembre, le Forze di difesa d’Israele hanno occupato nove postazioni nel sud della Siria, inclusi due avamposti sul crinale siriano del monte Hermon. Le Forze armate di Tel Aviv sono tornate ad operare sul fronte Nord. Al compiersi degli ultimi bombardamenti vediamo alzarsi una alta colonna di fumo, vicina al confine. Speriamo non vada in fumo anche l’accordo per Gaza.

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