I Fratelli Musulmani presto nella lista nera degli Usa

Arabia Saudita, Egitto e Giordania li hanno già inseriti fra le organizzazioni terroristiche. Ora tocca all’Occidente LA CASA BIANCA HA DECISO ¦ Dopo la relatrice delle Nazioni Unite Francesca Albanese, sottoposta alle sanzioni di Washington per la propria ostilità nei confronti di Israele, anche i Fratelli Musulmani entrano nella lista nera degli Stati Uniti. L’annuncio lo dà il presidente americano Donald Trump durante un’intervista domenicale a Just the News, che appena una settimana prima aveva mandato in onda un’ampia ricostruzione giornalistica sulla storia del movimento e sui suoi legami con l’amministrazione di Washington. Convinto di trovarsi di fronte a una minaccia interna, il capo della Casa Bianca promette di adottare un provvedimento «nei termini più forti e potenti» e assicura che «si stanno predisponendo i documenti finali». Ci pensava da mesi il Segretario di Stato Marco Rubio, pur dichiarandosi consapevole che la questione era scottante per la natura tentacolare dei Fratelli Musulmani. Se tagli loro un arto, ne crescono due. Tentano di stritolarti, s’insinuano nei gangli delle istituzioni, magari con il pretesto del dialogo interreligioso. Perciò la questione va affrontata con cautela, dal punto di vista politico e legale. Quando, durante il suo primo mandato, nel 2019, Trump aveva prospettato per la prima volta l’idea di bandirli, i Fratelli Musulmani avevano respinto la definizione di terroristi dichiarando: «Rimarremo fermi nel nostro lavoro, in accordo con il nostro pensiero moderato e pacifico, in ciò che riteniamo giusto, per una cooperazione onesta e costruttiva, per servire le comunità in cui viviamo e l’umanità nel suo insieme». La loro reazione si era conclusa con un’affermazione; «I Fratelli Musulmani rimarranno più forti — per grazia e potere di Dio — di qualsiasi decisione», che faceva eco al loro motto: «Allah è il nostro obiettivo. Il Profeta è il nostro leader. Il Corano è la nostra legge. La jihad è la nostra via. Morire sulla via di Allah è la nostra speranza più alta». Si esprimono con un doppio linguaggio, a seconda che la comunicazione sia diretta ai militanti o agli infedeli, ma la sostanza è la medesima. Stavolta il colpo arriva sulla scia di una precedente decisione del governatore del Texas, Greg Abbott, che lo scorso 18 novembre ha messo fuorilegge, ordinando un’inchiesta e inserendolo fra le organizzazioni di terroristi stranieri e di criminali transnazionali, il Council on American Islamic Relations (Cair), il network statunitense dei Fratelli Musulmani, i primi teorici dell’islam politico, fondati un secolo fa in Egitto da Hassan Al Banna. Da allora, i fondamentalisti hanno dato vita a organizzazioni sorelle in tutto il mondo, usando sigle diverse, hanno infiltrato governi, creato alleanze con Stati potenti e ricchissimi come la Turchia e il Qatar, che a loro volta hanno finanziato formazioni terroristiche come Hamas. In realtà, altri Stati arabi, fra tutti l’Arabia Saudita, ma anche l’Egitto, gli Emirati Arabi Uniti, la Giordania e il Bahrein hanno già bandito i Fratelli Musulmani dal loro territorio. Ora tocca all’Occidente. Sarà un test soprattutto per i Paesi europei, che tremano come foglie davanti all’accusa di islamofobia, pur tollerando sul proprio territorio finanziatori e propagandisti dei tagliagole. Succede, quando si fa prevalere il profilo securitario su quello culturale. Purché non compiano atti violenti, un concetto distorto di libertà d’espressione lascia campo libero ai suoi nemici. Poi, quando si capisce che la guerra santa comprende anche un’opera di persuasione psicologica, è troppo tardi per reagire.

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