Il corteo rosso per l’imam filo-Hamas

Non c’è nulla da fare: la sinistra, quando si tratta di scegliere, opta sempre per la parte sbagliata. È un grande classico. E infatti indovinate un po’ da quale parte di campo si sono schierati dopo l’espulsione dell’imam di Torino, uno che riguardo agli attentati terroristici del 7 ottobre 2023 aveva spiegato che «io personalmente sono d’accordo con quello che è successo il 7 ottobre» perché «non è una violazione, non è una violenza ma una reazione ad anni di oppressione» e aveva pure definito Hamas «un movimento di resistenza legittimo»? Ovviamente da quella di Mohamed Shahin, 47enne guida religiosa della moschea “Omar Ibn Al Khattab” di via Saluzzo, in Italia da 21 anni. Il decreto di espulsione «per motivi di sicurezza e di prevenzione del terrorismo» recapitato dal Viminale, per i progressisti, è una vergogna. Peggio: un attacco allo stato di diritto. Ieri mattina, il coordinamento “Torino per Ga2a”, gli stessi che agitano le piazze pro-Pal tra slogan anti-Israele e scontri con la polizia, ha pure convocato un sit-in sotto la Prefettura al grido di “Mohamed libero subito”. Presenti esponenti locali del campo largo e l’Anpi. Andiamo con ordine. Lunedì mattina la Digos ha prelevato Shahin a casa sua, dove vive con moglie e due figli, e lo ha IL COMMENTO portato in un Centro di permanenza per il rimpatrio (parrebbe quello di Caltanissetta) spiegandogli che doveva lasciare immediatamente l’Italia per rientare in Egitto. Gli è stato quindi revocato il permesso di soggiorno. La parole al miele per i terroristi islamici e pure il blocco della Torino-Caselle in occasione di uno dei tanti violenti cortei del sabato hanno convinto il Viminale ad agire. L’avvocato Fairus Ahmed Jama, però, ha subito chiesto asilo politico per frenare le pratiche. «Così abbiamo ancora del tempo. Due settimane se chiedono il procedimento veloce», ha spiegato a Repubblica. Il giudice, in ogni caso,avrebbe convalidato il rimpatrio. Per la cronaca: l’imam aveva già chiesto la cittadinanza italiana ma gli era stata negata (il ricorso è ancora pendente). «Se lui va in Egitto, sicuramente sarà torturato. Non sappiamo se sarà anche ucciso. Ed è abbastanza bizzarro che il Paese di Giulio Regeni, dove vive Patrick Zaki, non si renda conto che l’Egitto è quel posto lì. In questo momento è vietato mandare una persona come lui in Egitto, sapendo che sarà torturato», attacca il legale di Shahin, Gianluca Vitale. “Torino per Ga2a” aggiunge: «L’Egitto è un paese in cui non può tornare, dove il regime dittatoriale di al-Sisi – da lui ripetutamente denunciato per corruzione e per il suo esplicito sostegno allo Stato colonialista di Israele – lo esporrebbe a rischio concreto di arresto, tortura e detenzione a vita». È tutta colpa della politica. «Mohamed è stato preso di mira anche perché imam di una moschea di Torino. Ancora una volta, la propaganda islamofoba diventa strumento per zittire chi alza la voce», rincarano la dose i pro-Pal. Ed poi ecco la sinistra in grande spolvero. Alice Ravinale, capogruppo di Avs in Consiglio regionale in Piemonte, e Marco Grimaldi, vicecapogruppo di Avs alla Camera: «È evidente che ci troviamo di fronte a un uso politico del diritto, dove la libertà di espressione – anche quando controversa – viene trattata come un reato, e il dissenso come una minaccia. Questa è un’intimidazione, che non ha nulla a che vedere con la sicurezza nazionale». Gli esponenti rossoverdi chiedono «l’immediata sospensione del provvedimento di espulsione». Anche il Pd, per voce del senatore Andrea Giorgis, protesta: «Una dichiarazione pubblica, senza dubbio inaccettabile, seppur poi ritrattata, è sufficiente per giustificare l’espulsione di una persona incensurata?». Esulta, invece, tutto il centrodestra. A sollevare il caso era stata il vicecapogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Augusta Montaruli, con un’interrogazione parlamentare: «Ho chiesto se il sedicente imam di via Saluzzo avesse i requisiti per rimanere in Italia, portando all’attenzione del Viminale condotte a mio giudizio incompatibili con la permanenza in Italia. La risposta è arrivata con la sua espulsione. A fare polemica sono i soliti che si schierano contro la sicurezza». Annamaria Cisint, europarlamentare della Lega, spiega: «Il messaggio arriva forte e chiaro: ora servono regole precise con le comunità islamiche e le chiusure dei fantomatici centri islamici. È necessario un registro dei luoghi di culto e degli imam». La vicesegretaria del Carroccio, Silvia Sardone, si scaglia contro la sinistra, spiegando come sia «francamente sconcertante che non si interroghi sul profilo estremistico di questo personaggio». Roberto Rosso e Marco Fontana, rispettivamente senatore e segretario cittadino di Forza Italia, attaccano la giunta rossa di Torino: «Dopo questa espulsione, torniamo a lanciare un appello sulla realizzazione del più grande centro islamico con moschea nel quartiere Aurora. La cacciata dell’imam deve suonare per tutti come un campanello d’allarme».

Il grande archivio di Israele

Abbonamenti de Il Riformista

In partnership esclusiva tra il Riformista e JNS

ABBONATI