«Io denunciato ma so distinguere semiti e sionisti»
«Sono appena stato denunciato per istigazione all’odio razziale e demonizzazione di Israele dall’Ucei (Unione comunità ebraiche italiane)». È indignato Enzo Iacchetti. La fase della rabbia è superata. Le sue carotidi sono al sicuro dopo lo shock subito nel sentire la frase “definisci bambino” pronunciata, qualche settimana, fa a “Cartabianca”, da Eyal Mizrahi, presidente della Federazione Amici di Israele. Non che una denuncia possa sconvolgere “Enzino”. Se trentuno stagioni a “Striscia la notizia” portano inevitabilmente a una certa dimestichezza con gli avvocati, l’educazione ricevuta in famiglia porta alla resilienza, a difendere le proprie idee come racconta nel suo libro “25 minuti di felicità – Senza mai perdere la malinconia”, edito da Bompiani. Iacchetti domenica 30 novembre, alle 18, sarà al Palazzo Ducale di Genova per la chiusura del Festival di Passaggio. È amareggiato? «Mi sono sentito anche dare del fascista. Io? Con un nonno partigiano! Perché faccio distinzione tra semiti e sionisti? Perché la penso come Moni Ovadia e tanti altri ebrei contrari al governo Netanyahu? Perché sono pacifista come quelli che scendono in piazza? Ho risposto sui social con una frase di Dostoevskij (Arriverà un tempo in cui le persone intelligenti non potranno più fare una riflessione per non offendere gli imbecilli). Non sanno la storia e la ripetono». La sua storia l’ha raccontata nel romanzo… «Mi hanno proposto di scriverlo. La prima volta ho risposto no, la seconda anche. La terza ho detto sì, se mi fate scrivere qualcosa di me che la gente non sa, così che ci si possa identificare. Io ho sempre scritto per il teatro, canzoni e articoli per il Secolo XIX negli Anni ’90. Leggo, e ho letto moltissimo, da Steinbeck a Pavese a Garcia Marquez». Nel romanzo ci sono l’infanzia a Castelleone, il rapporto col papà che scoraggiava il suo amore per la musica, la tv sotto forma di legami, come quello con Costanzo. «Sono agnostico ma in una gerarchia celestiale Maurizio è in Paradiso. È stato il mio secondo padre. Il primo è morto a 57 anni quando io ne avevo 22. Maurizio l’ho conosciuto a 39 anni e l’ho frequentato fino alla sua morte. Mi ha scelto, corretto, coccolato. Mi è stato vicino sempre anche quando in famiglia c’erano problemi di salute. Aveva un grande senso dell’umorismo. Gli devo tutto umanamente e professionalmente. Oggi è poco ricordato. Questo mi rende triste». Antonio Ricci? «Ricci mi ha fatto diventare famoso. È stata anche una svolta economica che mi ha permesso di sistemare le faccende della mia giovinezza incauta e disperata. Ho cominciato a 14 anni a suonare… Per Antonio nutro un rapporto di eccessiva stima, lo stimo in modo XXL, ha un’intelligenza che mi fa paura. Quando viene a teatro mi dice sempre che sono stato bravo, in 31 anni di “Striscia” una volta ha detto “stasera siete andati bene”». Ezio Greggio? «È il compagno di banco che tutti vorrebbero. Dopo aver visto la chimica fra noi, ci siamo detti “non litighiamo che dureremo tanto”, questo è stato il nostro karma. Siamo diversi e facciamo vite diverse. Ci diamo libero sfogo solo nel calcio: lui è juventino e io interista». “Striscia”: gli scoop da Wanna Marchi a… «Alle roulotte inutilizzate dopo il terremoto… O alla caduta del governo Berlusconi per un fuori onda: Rocco Buttiglione (alleato con Massimo D’Alema) proponeva a Tajani il megainciucio: un’alleanza tra i loro partiti in vista delle Regionali. Un casino… La lega uscì dal governo… era il 25 novembre del 1994. Non so come abbia fatt o Ricci a sostenere le ire del Cavaliere». Non si è mai trovato a disagio a “Striscia”? «Il mio ruolo era un po’ quello del remissivo nella coppia. Quando la battuta riguardava qualche collega che conoscevo dicevo a Ezio “questa dilla tu”, e lui viceversa. Poi è arrivato il Tapiro e si sono stemperati i toni». Che impressione le fa sentir dire da Pier Silvio Berlusconi che non è blasfemo pensare di chiudere “Striscia”? «Non credo che la chiuderà. Ma “Striscia” si modificherà, probabilmente, inizierà più tardi, diventerà una prima serata, non si sa cosa rimarrà della vecchia». La rivedremo? «Aspetto una comunicazione sulle date d’inizio, spero non coincidano con il mio impegno teatrale. Il 7 febbraio iniziano le prove dello spettacolo “Buongiorno ministro” con Carlotta Proietti. Commedia spagnola tradotta: due ore di belle risate su un ministro costretto a dimettersi». È al Tavolo di Fazio. «Dove mi diverto molto. Sono uno dei pochi con il microfono sempre aperto, con Fabio ci intendiamo, improvvisiamo, basta un’occhiata e io sparo la battuta». Cosa la fa ridere in tv? «La Gialappa’s, Maurizio Crozza, Luca e Paolo a “diMartedì”. Gli unici spazi di satira rimasti». Lol? Zelig? «Non li guardo per invidia, perché non mi chiamano, so che io lì sarei bravo. Ma capisco, le generazioni cambiano. Mi piacciono Marta e Gianluca, hanno una comicità vicino a quella che ho sempre amato». Ha lasciato Milano per le colline di Luino… «Sono stato 40 anni a Milano, non ce la facevo più. Bello il Bosco Verticale ma se abiti lì, in circonvallazione? L’aria è irrespirabile, c’è delinquenza». È una città che espelle i poveri e i meno poveri… «Impossibile campare per una famiglia normale con due bambini, ci sono stati degli errori politici enormi». Nel libro lei parla dell’impegno per l’Africa, in Tanzania, in Kenya… «Con il mio amico Icio De Romedis abbiamo finanziato più di mille pozzi d’acqua, scuole, ci diamo da fare vendendo dvd, dischi… Basta spendere per gli ambasciatori nel mondo, io mi sono francescanizzato, ci paghiamo tutto e portiamo i soldi che ci danno gli amici». Tenterà per la quinta volta di andare al Festival di Sanremo? «No, mi hanno fatto troppo male le quattro volte in cui mi hanno scartato. La quinta sarebbe un grande dolore. Avevo canzoni di Giorgio Conte, Nomadi e Francesco Guccini. Erano belle canzoni. “Iacchetti non è un cantante” mi sono sentito dire (da Baglioni, è scritto nel libro, ndr). Eppure con quel direttore artistico ho cantato tante volte, quando si invecchia si dimenticano un po’ di cose. Io cerco di leggere più che posso».