Israele ha mano libera Bombe senza tregua

Violazioni continue, dal “cessate il fuoco” 318 vittime palestinesi. La «fase 2» resta fumosa. Unica certezza, Netanyahu rema contro. Un’altra giornata di sangue e distruzione nella Striscia per le sistematiche violazioni della tregua da parte dell’esercito israeliano. 318 le vittime dalla firma del cessate il fuoco lo corso 10 ottobre. E dal centro che dovrebbe guidare il piano voluto da Trump coordinano gli attacchi su Gaza. Un cessate il fuoco esiste solo se le armi tacciono, e l’evidenza del punto non esclude che occorra ribadirlo. Quando una parte continua a individuare e colpire membri della controparte, la tregua smette di essere tale, per quanto la si travesti da «operazione preventiva» o «neutralizzazione». È una violazione evidente: non può esistere cessate il fuoco se uno dei due attori mantiene il diritto implicito di uccidere mentre pretende che l’altro resti fermo. DALLA FIRMA DELLA TREGUA con Hamas, il 10 ottobre, Tel Aviv ha dichiarato che tre soldati sono morti durante uno scontro a fuoco a Rafah. Nello stesso periodo, a Gaza l’esercito israeliano ha ucciso 318 persone e ne ha ferite 788. Ne ha ammazzate più di 330 in Libano, in un anno di cessate il fuoco con Hezbollah. L’ufficio del primo ministro, Benyamin Netanyahu, rivendica con orgoglio i massacri, senza parlare mai di «civili», confermando la sistematica negazione delle proprie responsabilità da parte di un esercito che ha ammazzato in due anni 70mila persone nella Striscia, la maggior parte donne e bambini. Ma il premier fa molto altro. Nonostante i numeri siano impietosi, accusa Hamas di aver violato il cessate il fuoco, dichiara che Israele lo onora appieno e chiede ai mediatori di intervenire. L’escalation di attacchi e uccisioni è ignorata dalla presidenza degli Stati Uniti, che si è fatta promotrice e garante del piano per Ga2a. E nessuno degli altri attori – tanti – che hanno sfilato tronfi alle celebrazioni per la «pace» a firma Donald Trump, ha pensato fosse il caso di fare qualcosa per fermare Israele. Il quale, è chiaro, sta aumentando numero e intensità dei suoi raid, giorno dopo giorno, mentre continua ad espandere la zona occupata a Ga2a, sfollando altri palestinesi, in completa violazione degli accordi sottoscritti. La «fase due», per come si sta configurando, non piace neanche un po’ agli alleati di Netanyahu. L’istituzione della Isf (International Stabilization Force), porterebbe rappresentanza internazionale armata nella Striscia (prendendo il posto dell’esercito israeliano), mentre il «Comitato di Pace» garantirebbe il controllo politico degli Stati uniti, che potrebbero a loro volta consentire ai leader mondiali di visitare l’enclave palestinese devastata dai bombardamenti israeliani. L’Unione europea (Ue) ha poi promesso di ripulire l’odiata (da Israele) Autorità nazionale palestinese (Anp), modellandola sui desideri di Washington e di addestrare una forza di polizia – sempre palestinese – che opererebbe a Gaza. NON SI SA SE E QUANDO questo programma si realizzerà: i particolari restano fumosi, non si conoscono i Paesi coinvolti, quali siano i piani per garantire il disarmo di Hamas, né come avverrà la ricostruzione. Ma è chiaro che a Israele resta una sola mossa per assicurarsi che tutto ciò non prenda forma, soprattutto ora che gli ostaggi vivi sono tornati a casa e che procedono le ricerche dei tre corpi rimanenti. Esercito e aviazione sono pronti a scattare nel caso in cui Hamas o Hezbollah dovessero decidere di rispondere alle uccisioni. E il premier spera che le autoassoluzioni preventive da lui stesso pubblicate, per iscritto e in inglese, rappresentino la versione rilanciata dai media. Diversi membri del governo e lo stesso Netanyahu hanno dichiarato a più riprese che Israele non intende «appaltare» il controllo militare della Striscia, e l’idea di un coinvolgimento dell’Anp piace così tanto che il ministro della sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, è arrivato a proporre di ucciderne l’intera leadership e di imprigionare Abu Mazen. LA RIPRESA dei combattimenti, compresi quelli di terra, potrebbe anche offrire al governo un argine temporaneo alle mobilitazioni in crescita. Ieri sera le piazze hanno nuovamente chiesto una commissione statale d’inchiesta sulle responsabilità politiche che hanno condotto all’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, quando furono uccise circa 1.200 persone. Sta di fatto che ieri Israele ha ammazzato 24 palestinesi nella Striscia. Il primo bombardamento ha colpito un’automobile nel mezzo del popoloso quartiere di Rimal, a Gaza City, uccidendo 11 persone e ferendone altre 20, tra cui molti bambini che sono stati trasportati, terrorizzati e coperti di sangue, all’ospedale al-Shifa. Il secondo attacco ha centrato una casa vicino all’ospedale al-Awda, uccidendo tre persone. Altre sette, tra cui un bambino, sono morte nel bombardamento a un’abitazione nel campo profughi di Nuseirat. Tre vittime, tra cui una donna, sono state causate da un altro attacco a Deir al-Balah. IN AGGIUNTA, l’esercito ha dichiarato di aver ucciso tre persone che avrebbero attraversato la «linea gialla» e altre due che si trovavano nell’area occupata da Tel Aviv. Secondo la versione dei militari, i bombardamenti sono stati la risposta a un tentativo di aggressione. Un breve video diffuso dall’esercito mostra un uomo armato il quale, da solo, avrebbe guidato fin oltre la linea gialla, sparando dalla distanza contro una postazione militare. L’uomo è stato ucciso e nessun soldato è rimasto ferito. Hamas ha dichiarato che si tratta di pretesti fabbricati da Tel Aviv per giustificare le violazioni sistematiche del cessate il fuoco, e un tentativo di riprendere i combattimenti. Anche in Libano continuano i bombardamenti: ieri un uomo è stato ucciso nel sud e un altro nella valle della Bekaa, nel nord est del Paese.

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