Israele, resa dei conti sul 7 ottobre: l’Idf licenzia generali e ufficiali

Grandi manovre nell’esercito israeliano. Dove ieri il capo delle Forze armate, Eyal Zamir ha annunciato defenestramento e misure disciplinari per una dozzina di alti ufficiali che il 7 ottobre non seppero prevenire l’assalto di Hamas ai kibbutz più vicini a Ga2a e ai ragazzi del Nova Festival: «Ho l’obbligo di stabilire uno standard chiaro di responsabilità di comando», ha spiegato. Quel giorno morirono 1.200 persone: altre 247 vennero rapite. Subito dopo iniziò la sanguinosissima guerra di Ga2a, in cui hanno perso la vita quasi 69mila palestinesi. Poche settimane fa, l’atteso rapporto della commissione guidata dal generale Sami Turgeman ha ritenuto incomplete le inchieste condotte finora all’interno dell’Idf, mettendo in luce una serie di errori. Quella di ieri, è la prima ammissione di inadeguatezza e pure le prime sanzioni ufficiali. Con buona pace del fatto che l’impatto sarà limitato perché molti dei militari coinvolti hanno già lasciato il servizio, come i tre generali, i più alti in grado della lista, che si sono già dimessi. Zamir, ha comunque lodato i graduati puniti: agirono in un contesto «inaspettato» e «difficile». Ciò nondimeno, «il quadro è inequivocabile: il 7 ottobre l’esercito fallì la sua missione principale, quella di proteggere i cittadini israeliani». I motivi, ha aggiunto, soG no da ricercare nelle decisioni prese prima e durante l’evento. La gogna del congedo illimitato tocca, fra gli altri, all’ex capo dei servizi segreti dell’esercito, generale Aharon Haliva: non presterà più servizio nelle Forze armate. Se ne va anche il generale Oded Basyuk, che quel giorno era capo della Direzione delle Operazioni. Insieme all’ex capo del Comando Meridionale, generale Yaron Finkelman. E fra i rimossi c’è pure Yossi Sariel, all’epoca comandante dell’Unità 8200 dei servizi segreti d’élite dell’Idf. Richiamo formale, invece, per altri comandanti, compreso l’attuale capo dell’intelligence militare, Shlomi Binder, che potrà però completare il suo mandato e ritirarsi dall’esercito solo allora. Censura pure per il capo dell’Aeronautica Militare israeliana, Tomer Bar: «Incapace di difendere il territorio dai droni e dai parapendio di Hamas». Continuerà tuttavia a ricoprire il suo incarico fino alla fine del contratto, ad aprile 2026. Stessa sorte per il viceammiraglio David Saar Salama, capo della Marina: anche lui, «non riuscì a difenderci dall’attacco via mare». Lascerà la divisa fra qualche mese. Insomma, una decisione, poco più che simbolica: ma tutt’altro che indolore. Negli ultimi due anni di guerra, il governo di Netanyahu aveva infatti evitato accuratamente ogni indagine sui fallimenti del 7 ottobre, sostenendo che non si potevano decapitare i vertici militari con il conflitto in corso. Ora, la pressione sta aumentando: sabato sera a Tel Aviv sono scese in piazza migliaia di persone e con loro tutti i leader dell’opposizione — Yair Lapid, Naftali Bennett, Gadi Eisenkot, Benny Gantz e Yair Golan — per chiedere a gran voce un’indagine statale indipendente che il premier vuol evitare a tutti i costi perché potrebbe costringerlo alle dimissioni. E la tensione resta alta: il ministro della Difesa, Israel Katz, ha detto che non accetta le conclusioni della Commissione Turgeman e vuol nominare il difensore civico per riesaminarle. E questo, per ora, basterà a bloccare le nuove nomine dei vertici, appena effettuate da Zamir, per sostituire gli uscenti.

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