La lunga tregua “incerta” a Gaza
Passata la risoluzione al Consiglio di sicurezza dell’Onu, mentre continuano in silenzio le trattative sulla seconda fase della road map che dovrebbe portare alla stabilizzazione e alla ricostruzione di Ga2a, vacilla la tregua nella Striscia e in Libano sotto i bombardamenti israeliani. Sono almeno 343 le persone uccise a Ga2a dal 10 ottobre, oltre 330 invece nel Paese di cedri, dove il cessate il fuoco è entrato in vigore il 27 novembre 2024. Quattro palestinesi sono stati uccisi ieri a Ga2a. Due uomini a Khan Yunis, eliminati, sostiene l’esercito israeliano, mentre attraversando la Linea Gialla che delimita il territorio sotto proprio controllo, «rappresentavano una minaccia immediata». Altri due uomini sono invece caduti sotto i colpi d’arma da fuoco nel quartiere di Tuffah, a Ga2a City. Nell’enclave devastata da oltre due anni di guerra, ha dichiarato l’Unrwa, l’Agenzia dell’Onu per il soccorso dei profughi palestinesi, il 90% della popolazione dipende interamente dagli aiuti. Nel frattempo ha cessato le operazioni la Ga2a Humanitarian Foundation (Ghf), società israelo-americana che da fine maggio ha distribuito aiuti umanitari durante le fasi più cruente del conflitto. La Ghf è accusata dall’Onu di aver creato un sistema di distribuzione degli aiuti nel quale hanno perso la vita centinaia di ga2awi, uccisi dal fuoco dell’Idf e dei servizi di sicurezza della fondazione. Importanti esercitazioni delle forze armate israeliane sono cominciate al confine con il Libano, dove Tel Aviv resta in attesa di una possibile risposta di Hezbollah all’omicidio del suo capo militare, Haythman Ali Tabatabai, ucciso domenica insieme ad altre quattro persone da un attacco aereo nella periferia sciita di Beirut. Il raid che ha ucciso Tabatabai, così come quelli che quotidianamente colpiscono il sud del Libano, sono giustificati da Israele con la necessita di impedire il riamo del Partito di dio, che starebbe silenziosamente andando avanti nonostante la tregua. Sfruttando il contesto di guerra a bassa intensità, il capo di Stato maggiore israeliano Eyal Zamir ha deciso di operare un primo repulisti dei vertici dell’esercito responsabili del fallimento avvenuto il 7 ottobre 2023. Diversi i congedi, almeno tre in posizioni chiave, e le note di biasimo. La mossa, non coordinata con il ministro della Difesa Katz, rinnova gli attriti fra forze armate ed esecutivo, per il quale una larga fetta della popolazione chiede da tempo una commissione d’inchiesta indipendente che tarda ad arrivare. L’esercito israeliano è operativo anche nel sud della Siria, con un addestramento di larga scala nell’altopiano del Golan, in preparazione a «diversi possibili scenari». A metà luglio gli scontri fra tribù sunnite e druse aveva indotto Tel Aviv a prendere la difesa di queste ultime, con bombardamenti “ammonitori” che avevano colpito persino i palazzi governativi a Damasco. Continuano a destare preoccupazione le tensioni etnico-confessionali all’interno della Siria. Domenica a Homs l’assassinio di una coppia nella zona di Zaydal, accompagnato da messaggi settari sul muro della casa delle vittime, ha scatenato violenti attacchi contro i quartieri a maggioranza alawita, costringendo le autorità a impiegare le forze di sicurezza e imporre il coprifuoco. Sarebbero almeno 18 i feriti.