La Stampa, rivendicato il blitz: “La protesta non si fermerà”. Sfregio alla sinagoga di Roma
«Se il futuro che propongono ai giovani è la leva obbligatoria e andare al macello in trincea, allora ben vengano giornate come quella di venerdì». Dopo quasi tre giorni di silenzio, il Collettivo universitario autonomo di Torino rivendica l’irruzione alla redazione de La Stampa. Lo fa con un lungo post su Instagram. «Si può essere d’accordo o meno con le pratiche, i modi, le terminologie – scrivono – basta non ricadere nella trappola del vittimismo che delegittima chi si mobilita». Se la prendono con la stampa italiana «che ci ha abituati al sensazionalismo», e con i politici di destra e di sinistra, «egualmente corrotti», fino ad arrivare «ai vari post fascisti che invocano il carcere e l’olio di ricino»: «Fanno bene a preoccuparsi – scrivono ancora – perché chi ha preso la strada della contestazione non sembra avere intenzione di fermarsi tanto presto». Sono queste le parole scelte per rivendicare l’irruzione in redazione. Un’azione definita «dimostrativa», «la spontaneità della rabbia». A metterci la firma è il Cua di Torino, realtà formata da studenti universitari vicini al centro sociale Askatasuna, che ha l’obiettivo di «costruire un’autonomia dentro l’università», così si raccontano loro stessi sempre sulla loro pagina social. Un collettivo che negli ultimi mesi ha partecipato e contribuito all’organizzazione delle iniziative pro Palestina, dalle occupazioni degli atenei torinesi nella primavera 2024 fino ai cortei e alle proteste in piazza. Dopo l’assalto di Torino, il clima intimidatorio contagia anche Roma. La targa all’ingresso della sinagoga Beth Michael è stata deturpata con della vernice nera e sul muro adiacente sono comparse le scritte «Palestina libera» e «Monteverde antisionista e antifascista». Il tempio si trova nel quartiere di Monteverde ed è dedicato in memoria del piccolo Stefano Gaj Taché, il bambino di due anni assassinato da terroristi palestinesi nell’attentato al Tempio Maggiore della capitale del 9 ottobre 1982. «L’antisemitismo è diventato uno strumento di contestazione politica. Il più abietto possibile», sottolinea il presidente della comunità ebraica di Roma Victor Fadlun, che denuncia il vandalismo «all’indomani dell’ennesima manifestazione pro-Pal». Questo, continua Fadlun, è «un gesto che oltraggia e ferisce profondamente la comunità ebraica. Colpire una sinagoga significa disconoscere e prevaricare quello che è il diritto degli ebrei a potersi ritrovare a condurre una vita normale. E questo non è accettabile». La comunità romana, dice il presidente, confida nelle forze dell’ordine e chiede «un intervento forte del governo per fermare questa spirale d’odio». L’Ugei, l’Unione dei giovani ebrei accusa: «Chi compie atti del genere non sta facendo politica, né esprimendo dissenso, sta alimentando l’antisemitismo». Nel pomeriggio di ieri, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha telefonato al presidente Fadlun per esprimergli «vicinanza e solidarietà dopo il grave gesto intimidatorio compiuto alla sinagoga di Monteverde». Le scritte sono state cancellate e la Digos sta esaminando le immagini delle telecamere, si cercano due giovani incappucciati. Intanto, nuove polemiche travolgono la relatrice Onu Francesca Albanese, che alla manifestazione pro Pal di sabato a Roma aveva commentato l’assalto a La Stampa parlando di «un monito ai giornalisti». Il Consiglio comunale di Bologna ha respinto la mozione con cui il centrodestra chiedeva di revocarle la cittadinanza. Non sono bastate le critiche di due deputati dem bolognesi come Andrea De Maria e Virginio Merola che avevano chiesto una riflessione al sindaco Matteo Lepore. A Firenze il Consiglio dovrà votare domani e la sindaca Sara Funaro annuncia di non ritenere «opportuno» consegnare la cittadinanza onoraria ad Albanese: «In più occasioni ha dimostrato di mandare messaggi che portano a dividere più che unire nella comune causa a difesa del popolo palestinese». Inoltre, aggiunge, «su quanto è accaduto alla redazione della Stampa non ci può essere una condanna con un “ma”». Nessuna marcia indietro invece dal sindaco di Reggio Emilia, Marco Massari, che a settembre aveva conferito alla relatrice il “Primo tricolore”, nonostante lei, durante la cerimonia, lo avesse rimproverato per aver detto che una pace giusta a Ga2a contemplava anche la liberazione degli ostaggi israeliani. La Federazione delle Associazioni Italia-Israele non ci sta e ha promosso una raccolta di firme per chiedere ai Comuni la revoca della cittadinanza ad Albanese.