lntervista a Atef Abu Saif: «Oltre alle vite umane il genocidio distrugge arte e memoria»
ROMANZIERE ED EX MINISTRO DELLA CULTURA PALESTINESE Atef Abu Saif: «Oltre alle vite umane il genocidio distrugge arte e memoria» II «Ci hanno distrutto 19 università e tutte le scuole che avevamo. Sin dal pomeriggio del 7 ottobre 2023, il primo museo bombardato è stato quello di Al-Qarara. Non a caso. Custodiva reperti attestanti la millenaria storia di Ga2a. Questo tentativo di annientamento militare della nostra memoria è ancora in atto». A parlare è Atef Abu Saif, ex ministro della Cultura palestinese, sfuggito decine di volte alla morte durante gli attacchi indiscriminati dei soldati israeliani: «Oltre a massacrare vite umane, il genocidio – aggiunge – annichilisce l’arte, la storia, la letteratura palestinese». Nato e cresciuto nel campo profughi di Jabalia, Abu Saif ha narrato l’orrore in Diario di un genocidio – 60 giorni sotto le bombe a Gaza, tradotto e pubblicato in Italia nel 2024 da FuoriScena libri. È autore di cinque romanzi, tra i quali Vita appesa, finalista del Premio Internazionale per la Narrativa Araba 2015, recentemente tradotto in italiano (Polidoro 2025), in cui riesce a intrecciare e armonizzare le storie individuali e le vicende collettive del suo popolo oppresso. Grazie a una scrittura che alterna crudo realismo e pause di simbolismo puro, l’autore ritrae l’orrore del genocidio senza lasciarsi trasportare da fughe retoriche e vittimismi. Ne emerge un racconto prospettico, che ricostruisce i nessi tra la presente tragedia e le sue radici storiche. È una narrazione carica di senso, autobiografica, tratteggiata da momenti stranianti che sospingono verso un’immedesimazione consapevole. Dottor Atef Abu Saif, in “Vita appesa” la descrizione delle violenze che il popolo palestinese subisce da decenni è accompagnata da un’efficace rappresentazione di sentimenti universali e situazioni comuni. Nella tragedia i rapporti interpersonali sembrano improntati a una commovente semplicità. La guerra, da sempre, è nemica della sopravvivenza. Chi ci fa guerra vuole distruggere le nostre esistenze, uccidere tutti i palestinesi. È naturale per noi insistere nella nostra voglia di continuare a esistere. La vita è come un albero che si alimenta e può crescere solo in virtù della speranza. Quindi se si prova a irrigarla di speranza, la vita migliora, mentre la tristezza genera odio e mostri. Forse anche per questo approccio, i suoi personaggi suscitano tenerezza, mentre le violenze che subiscono generano indignazione. Come può riuscire l’amore, nel senso romantico del termine, a non lasciarsi soffocare nei territori occupati da Israele? Noi reagiamo amando i bambini, ricercando la pace e la speranza. È importante raccogliere la memoria, interagire con le aspirazioni soggettive. Tuttavia la salvezza non può essere individuale. Ogni cambiamento, in senso filosofico, comporta una mutazione di noi stessi. Non è possibile migliorarsi attraverso il dolore e la rabbia. La comunità è sempre più importante dell’individualità. Ciò vale per tutti i popoli, non solo per noi palestinesi. In “Diario di un genocidio” descrive gli attacchi sferrati dalle navi israeliane sulla costa di Gaza. Sa che a sparare sono anche cannoni di fabbricazione italiana? Non sono a conoscenza del fatto che quelle armi specifiche siano state prodotte in Italia, ma so che è uno dei tanti Paesi europei sostenitori, insieme agli Usa, della macchina bellica israeliana. Le relazioni tra Italia e Israele includono anche la compravendita di armi utilizzate per il genocidio, l’uccisione di bambini, la distruzione di scuole e ospedali. È uno dei lati oscuri della politica del governo della signora Meloni: la cooperazione militare con Netanyahu si unisce alla negazione del genocidio in atto. Quanto le mobilitazioni dei movimenti ProPal e l’impresa della flotilla hanno condizionato le scelte dei Paesi arabi e dell’Autorità Nazionale Palestinese sul cessate il fuoco dello scorso 10 ottobre e sul cosiddetto “accordo di pace” siglato a Sharm el-Sheikh? Queste manifestazioni sono state importantissime per una serie di ragioni. Anzitutto per sollevare attenzione intorno ai crimini israeliani, per sensibilizzare tantissime persone su quanto sta accadendo. I mass media controllati dai governi, e in particolare quelli di destra, tentano di oscurare il massacro. Quindi, più si manifesta, più si boicotta e si protesta, maggiore è la sensibilità mondiale intorno alla questione palestinese. Quando mi trovavo a Rafah, appena ebbi accesso a internet vidi le manifestazioni a Roma, Parigi, Londra e nel resto del mondo. Provai sollievo. Per migliaia di persone private di cibo, acqua, medicine, è importante sapere di non essere sole. E grazie alla flotilla, alle donne e agli uomini che si sono imbarcati, improvvisamente il mondo ha capito che il mare per Ga2a non è una porta, ma un confine invalicabile che imprigiona milioni di esseri umani.