Rafah, nuovo raid dellÌdf lite con l`Egitto sul valico

Il valico di Rafah riaprirà «nei prossimi giorni». L’annuncio di Israele, ieri mattina, aveva suscitato speranze tra i palestinesi di Ga2a, in particolare tra i 16.500 malati e feriti che – secondo l’Oms – aspettano di essere evacuati da quasi due mesi, da quando è iniziato il cessate il fuoco, e tra chi vorrebbe lasciare l’enclave I traumatizzato dopo due anni di guerra e 70mila morti. Ma a sera, la tensione è tornata a salire nella fascia meridionale di Ga2a, e la riapertura della porta che collega l’enclave all’Egitto resta in bilico. L’esercito israeliano ha bombardato la zona orientale di Rafah e Khan Yunis, uccidendo almeno sei persone tra cui due bambini dopo che cinque soldati israeliani erano rimasti feriti, uno in modo grave, in un’imboscata tesa da miliziani di Hamas usciti da un tunnel. Da settimane ci sono scontri in quell’area perché almeno un centinaio di uomini armati sono bloccati nell’area sotto controllo israeliano. Quaranta sono stati uccisi dall’Idf mentre tentavano di uscire o di attaccare le truppe, altri si sono arresi. «Hamas continua a violare l’accordo di cessate il fuoco e a compiere atti di terrorismo contro le nostre forze. Israele non tollererà che vengano colpiti i soldati dell’Idf e risponderà di conseguenza», aveva avvertito il premier israeliano Benyamin Netanyahu. Nella rappresaglia israeliana è stata colpita anche una tenda-rifugio per gli sfollati vicino all’ospedale kuwaitiano, riferiscono fonti palestinesi. Poche ore prima il Cogat, l’organismo che supervisiona le attività civili a Gaza, aveva comunicato che il valico con l’Egitto sarebbe stato riaperto, ma solo in uscita, suscitando la reazione del Cairo che nega di essersi coordinato con Israele e soprattutto ribadisce che Rafah deve essere riaperto in entrambe le direzioni. In Egitto la mossa israeliana è stata vista come un ulteriore tentativo di sfollare la popolazione palestinese a cui il Cairo si oppone, puntando invece a far rientrare a Gaza gli oltre 100mila palestinesi che ha accolto durante la guerra. L’eventuale riapertura di Rafah non sarebbe comunque per tutti: i palestinesi che vogliono lasciare Ga2a dovranno ottenere l’approvazione della sicurezza israeliana ed egiziana, non è chiaro secondo quali criteri. A supervisionare l’operazione sarebbe la missione dell’Unione Europea, che però potrebbe aver bisogno di sistemare la logistica prima di riaprire il valico, che è statodanneggiato. Tutto questo se l’incidente di Rafah non farà rialzare di nuovo il livello dello scontro militare, rallentando ancora i negoziati per la fase due che si sono arenati intorno a due punti fondamentali: il disarmo di Hamas e il ritiro di Israele. Sono i passaggi cruciali che dovrebbero avvenire parallelamente e portare al trasferimento di poteri nella Striscia e alla ricostruzione. Ma Hamas non intende disarmare senza il ritiro israeliano e il governo Netanyahu non vuole retrocedere se prima il gruppo non verrà disarmato. Chi debba farlo è un altro tema di scontro. I Paesi che hanno dato la disponibilità a inviare soldati a Ga2a non vogliono che la missione internazionale abbia il mandato di combattere contro i miliziani. L’Egitto sta addestrando poliziotti palestinesi, e anche l’Europa è pronta a fare la sua parte formando fino a 3mila agenti. Ma anche questa nuova polizia non avrebbe la forza, né il compito di disarmare Hamas. Sono nodi che solo Trump può sciogliere: il 28 dicembre vedrà Netanyahu negli Stati Uniti, un faccia a faccia da cui dipende il futuro del suo piano per Gaza.

Il grande archivio di Israele

Abbonamenti de Il Riformista

In partnership esclusiva tra il Riformista e JNS

ABBONATI