Tendopoli nel fango a Gaza Onu, Putin sente Netanyahu
L’articolo si concentra in modo iper-emotivo sulla catastrofe delle inondazioni nei campi profughi di Gaza, trasformando un disastro meteorologico in una chiara accusa a Israele per “violazione del diritto internazionale” attraverso le restrizioni agli aiuti. La retorica è carica: si descrivono fogne esondate, tende piene di “melma maleodorante” e la diffusione di nuove malattie. La fonte principale e quasi esclusiva è l’UNRWA (Philippe Lazzarini e Natalie Boucly), che spinge la narrativa dei “6mila camion bloccati”, una cifra allarmante che però non è verificata in modo indipendente e omette la complessità dei controlli di sicurezza. L’articolo, pertanto, manca di pluralità e oggettività nel suo resoconto, non menzionando minimamente i problemi di governance interna alla Striscia, la confusione logistica o il ruolo attivo di Hamas (riportato da altre testate) nel dirottamento e tassazione degli aiuti. Il pezzo, in sostanza, serve unicamente a rafforzare il frame della “punizione collettiva” israeliana senza offrire un’analisi equilibrata.
Piove sulla disperazione di Ga2a. Dove temporali ininterrotti, iniziati venerdì e proseguiti per l’intera giornata di sabato, hanno trasformato in un pantano insalubre il campo di al-Mawasi: l’affollata tendopoli nata sulle dune sabbiose della costa, con mezzo milione di persone accampate. I tentativi di scavare trincee per arginare gli allagamenti da parte di quei rifugiati, non sono bastati a evitare che le raffiche inzuppassero i loro miseri averi: giacigli, abiti, coperte, il poco cibo a disposizione. Forti venti hanno strappato dal terreno anche molti fragili ripari. E se anche oggi tornerà il sole, le 48 ore di tempesta hanno già provocato l’ennesimo allarme sanitario. Le fogne sono esondate: l’acqua piovana si è mescolata con quelle reflue e le tende si sono riempite di melma maleodorante. E ora si teme la diffusione di nuove malattie contagiose. «Miseria si aggiunge a miseria», ha scritto dunque ieri su X Philippe Lazzarini, il Commissario Generale dell’Unrwa, l’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi: «A Gaza gli sfollati stanno affrontando un rigido inverno privi di beni di prima necessità per proteggersi. C’è urgente bisogno di più forniture». Ricordando pure che «l’Unrwa li ha pronti, fuori, in attesa del via libera. Fateli entrare». In teoria,la gestione degli aiuti una settimana fa è passata dal Cogat — la divisione dell’esercito israeliano che controlla ciò che entra nella Striscia — al Centro di Coordinamento Civile-Militare istituito dagli americani. Ma per ora le restrizioni imposte da Israele restano. E se nel frattempo è stato aperto il valico di Kizim, permettendo di far arrivare forniture in quel nord che è l’area più devastata di Ga2a, il valico di Rafah, a sud, è di nuovo chiuso: e migliaia di kit termici, tende e coperte restano bloccati in Egitto. «Continuare a imporre restrizioni ai flussi di aiuti verso Ga2a è una violazione del diritto internazionale» ha denunciato pure Natalie Boucly, vice commissario generale dell’Unrwa, parlando al Guardian: «Abbiamo 6mila camion bloccati, scorte che potrebbero nutirre la popolaP Attesa per il voto di domani al consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Appello Unrwa: “Fate entrare gli aiuti” zione per tre mesi». Certp, qualcosa si sta facendo: l’Ocha, ufficio Onu per gli affari umanitari, è riuscito a distribuire 1000 tende, 7000 coperte e 15mila teloni a Deir al-Balah e Khan Yunis: ma nella Striscia dove il 92 per cento degli edifici è distrutto, la gente rimane in balia delle intemperie. Nell’ambito dell’accordo di cessate il fuoco, ieri sotto la pioggia, gli israeliani hanno comunque restituito i cadaveri di altri 15 ga2awi (per un totale di 330). Decomposti e sfigurati sono in condizioni tali da non permettere identificazioni: secondo Al Jazeera sono stati frettolosamente sepolti nelle fosse comuni — e ormai strabordanti — di Deir el-Balah. Israele, invece, aspetta ancora i cadaveri di tre ostaggi rapiti il 7 ottobre. Senza, fanno sapere le autorità, non si inizierà nemmeno a discutere dell’avvio della fase due. Anche per questo c’è grande attesa per il voto di domani al Consiglio di Sicurezza dell’Onu sulla bozza americana di sostegno al piano Trump, dove si menziona pure un possibile futuro Stato palestinese. E infatti è appoggiata da diversi paesi arabi e pure dall’Autorità Nazionale Palestinese. Resta da capire che cosa intendono fare i russi, che all’Onu, venerdì, avevano presentato una loro controproposta. Ieri Vladimir Putin ha infatti voluto parlare con il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Il suo ufficio ha poi dichiarato che i due hanno «avuto un approfondito scambio di opinioni sulla situazione mediorientale, inclusi gli sviluppi su Ga2a ei gli sforzi di stabilizzazione in Siria»