Beth Michael, il tempio aperto a tutti che unisce Roma: un rifugio di fede e comunità che costruisce legami

di Ruben Della Rocca - 3 Dicembre 2025 alle 13:49

Quando una ventina di anni fa un gruppo di famiglie ebree romane ebbe l’idea di aprire una sinagoga nel quartiere capitolino di Monteverde, mai si sarebbe immaginato che da quel piccolo seme, tra i calcinacci di lavori ancora da finire nei locali di Via Fonteiana, sarebbe nata una pianta così rigogliosa e ricca di splendidi frutti. Beth Michael, così chiamato perché doveva essere (e lo sarebbe diventato grazie al cielo) un tempio pieno di bambini, andando con il pensiero al piccolo Michael Stefano Gay Tachè, assassinato da un commando palestinese il 9 ottobre 1982 nell’attentato al Tempio Maggiore di Roma, e a lui fu intitolato.

Nell’ebraismo, il nome è ispirazione divina, e quel nome la sinagoga di Monteverde lo ha fortemente voluto, nella speranza e nella convinzione che, attraverso quella nominazione, la Casa di Michael, il ricordo di quel bimbo strappato alla vita a causa dell’odio antiebraico, come sarebbe accaduto ai fratellini Bibas 41 anni dopo nell’inferno di Gaza, si sarebbe perpetuato nel tempo. Quella pianta intanto cresceva assieme al numero dei frequentatori, in costante aumento, così come lievitava l’entusiasmo per il vivere collegialmente lo spirito delle feste ebraiche e dello Shabbat. Si palesò così la necessità di spostarsi in una sede più grande.

Grazie a un accordo tra Riccardo Pacifici, motore inesauribile del tempio, ed Enrico Gasbarra, allora presidente della Provincia di Roma, venne concesso l’uso dei locali della nuova sede di Viale di Villa Pamphili più grande, più accogliente, più bella. Una realtà che negli anni si è andata consolidando come centro di culto ma anche di socialità e di incontro tra generazioni. Un luogo dove nonni, genitori, figli e nipoti si ritrovano per pregare, per attività conviviali e di studio e dove si consolidano i rapporti.

Tante le personalità del mondo ebraico e non che negli anni sono stati ospiti del Beth Michael. Ambasciatori, ministri, politici ma anche persone invitate ad eventi e appuntamenti, non frequentatori abituali che nella sinagoga di Monteverde hanno sempre avuto modo di trovare calore e ospitalità. La sinergia con il quartiere si è consolidata dai rapporti di amicizia con Elio Tomassetti, presidente del Municipio. Non di rado, residenti di zona chiedono di poter entrare e conoscere la sinagoga e condividerne l’atmosfera. Tanta la gratitudine per i militari dell’Esercito che presidiano i locali, garantendo la sicurezza dei presenti alle funzioni e agli appuntamenti. Sono questi i tratti peculiari del Beth Michael. Un tempio che negli anni si è distinto anche per le iniziative in aiuto di indigenti, fragili e in difficoltà, e che ha dato conforto a chi ne avesse avuto bisogno, con un grande spirito di solidarietà e partecipazione.

Le scritte di qualche notte fa, la targa del piccolo Michael Stefano Gay Tachè vandalizzata dagli odiatori seriali, da quei fascisti rossi vili e incappucciati che codardamente ne hanno vilipeso la memoria e con essa un’intera comunità, rappresentano una ferita per il quartiere, per la città, per il nostro Paese. La targa dedicata a un bambino italiano, come ricordato nel giorno del suo primo insediamento dal Presidente Sergio Mattarella, assassinato in nome della stessa causa rivendicata dagli squadristi autori del gesto truce dell’altra notte. Un paradosso, uno dei tanti vissuti in questi ultimi due anni nel corso dei quali abbiamo assistito e stiamo assistendo ancora allo squallore di manifestazioni e devastazioni, forze dell’ordine ferite e alle nostre città messe a soqquadro e tenute in scacco da teppisti e violenti, coccolati da chi organizza manifestazioni, occupazioni e scioperi a getto continuo, dimenticando che in Medio Oriente è in atto una tregua e che tutti dovremmo impegnarci perché da quel germoglio arrivi la Pace, quella vera e con la P maiuscola.

Intanto il Beth Michael va e andrà avanti con la sua voglia di vivere, di stare assieme, di fare gruppo come avviene da quando è stato aperto. Da sempre luogo accogliente e inclusivo come deve essere una sinagoga, senza timore alcuno per chi, con la violenza e la prevaricazione, vorrebbe condizionarne le attività, seguitando ad essere una splendida realtà di quartiere e un presidio di valori positivi per la nostra città.

Il grande archivio di Israele

Abbonamenti de Il Riformista

In partnership esclusiva tra il Riformista e JNS

ABBONATI