Dresda 1945, Gaza oggi: uso e abuso del confronto storico
di Samuele Rocca - 12 Ottobre 2025 alle 13:51
Lo storico Alessandro Barbero ha paragonato il bombardamento di Dresda del 13-14 febbraio 1945 al conflitto a Gaza, ipotizzando che le azioni di Israele possano configurarsi come crimini di guerra. Ma possiamo davvero considerare Dresda stessa un crimine di guerra? La questione divide ancora gli storici.
Richard Overy ha dimostrato che, pur infliggendo gravi danni all’industria e al morale tedeschi, i bombardamenti alleati furono meno risolutivi di quanto si credesse. La popolazione seppe resistere e il regime nazista mantenne l’ordine grazie a propaganda, difesa civile e soccorsi. Alcuni revisionisti di estrema destra, come David Irving, hanno definito l’episodio “l’Olocausto tedesco”, un’interpretazione offensiva e priva di fondamento. Altri, come Bloxham, Grayling o Günter Grass, hanno parlato di crimine di guerra, senza però fornire prove convincenti, affidandosi soprattutto a fonti narrative.
In Italia il dibattito assume sfumature particolari: il passato di alleanza con la Germania, i pesanti bombardamenti subiti dalla popolazione e una storiografia spesso concentrata solo sulla Resistenza hanno alimentato una visione negativa dell’episodio, accentuata anche da una diffidenza trasversale verso il mondo anglosassone. La maggior parte degli studiosi autorevoli, tra cui Overy e Frederick Taylor, ritiene tuttavia che Dresda fosse un obiettivo legittimo. Nel 1945 nessuno poteva prevedere la resa imminente della Germania e i dati disponibili indicavano la città come un centro industriale di primaria importanza: una guida ufficiale del 1942 la definiva “una delle principali sedi industriali del Reich”, e nel 1944 l’Ufficio Armamenti elencava 127 fabbriche attive per lo sforzo bellico, tra cui la Zeiss Ikon (ottica per carri armati), la Koch & Sterzel (apparecchi elettrici e a raggi X), la Saxoniswerke (ingranaggi e differenziali) e la Lehman (cannoni contraerei). Il parallelo con Gaza si coglie nel fatto che Hamas utilizza ospedali e infrastrutture civili a fini militari, facendosi scudo della popolazione.
Inoltre, la distruzione dell’apparato industriale tedesco favorì anche l’Armata Rossa, priva di bombardieri pesanti e impegnata nella marcia verso Berlino. Uno degli effetti più drammatici del raid fu l’elevato numero di vittime civili. La propaganda di Goebbels parlò di 200mila morti, cifra accolta da vari revisionisti; ricerche più accurate del 2010 hanno stimato circa 25mila vittime. Come spesso accade nei conflitti, i regimi totalitari gonfiano i dati per fini propagandistici, oggi come allora. Non va dimenticato che molte morti furono causate anche dall’inefficienza del gauleiter locale, che non aveva predisposto rifugi adeguati. Paradossalmente, il bombardamento interruppe le ultime deportazioni, salvando gli ebrei ancora presenti in città, tra cui Victor Klemperer. A Winston Churchill, perplesso per la durezza dei bombardamenti, (aveva scritto che “in passato eravamo giustificati ad attaccare le città tedesche. Ma farlo è sempre stato ripugnante e, ora che i tedeschi sono comunque sconfitti, possiamo astenerci legittimamente dal proseguire con questi attacchi”) Sir Arthur Harris, comandante del Bomber Command, rispose che “gli attacchi alle città, come ogni altro atto di guerra, sono intollerabili a meno che non siano giustificati strategicamente. Ma lo sono nella misura in cui abbreviano la guerra e preservano la vita dei soldati alleati. Personalmente non considero l’insieme delle città tedesche rimaste degno delle ossa di un solo granatiere britannico”.
Se oggi Dresda è ricordata più di Amburgo o di altre città bombardate, è grazie alla propaganda sovietica che, nella Germania Est, ne fece un simbolo antiamericano, sostenuto anche dalla Chiesa luterana locale. Nel dopoguerra, tale narrazione ha alimentato manifestazioni imbarazzanti in cui estremisti di destra, negazionisti e gruppi filopalestinesi marciavano insieme, raduni oggi vietati. La responsabilità ultima di Dresda, come qualsiasi storico serio riconosce, ricade sul nazismo, che scatenò il conflitto.
Nonostante Barbero attribuisca la colpa della guerra a Francia e Gran Bretagna, resta il dato storico che furono gli anglo-americani a liberare l’Europa dalla più feroce tirannia della storia. Allo stesso modo, la responsabilità della guerra e delle sue conseguenze a Gaza grava su Hamas, che il 7 ottobre 2023 ha attaccato Israele causando oltre 1.200 vittime e prendendo numerosi ostaggi. Il paragone tra presente e passato è sempre pericoloso: la storia è soggetta a interpretazioni diverse, ma non tutte hanno pari legittimità, e chi ricorre a confronti semplicistici rischia di compierli in modo improprio.