Due popoli due Stati? Oggi sarebbe una follia. L’ONU e l’UNRWA sono cattive maestre e consigliere
di Marco Del Monte - 1 Dicembre 2025 alle 13:47
Lo si ripete ormai da due anni: l’affermazione due popoli due Stati attualmente è una follia. I Paesi europei lo ripetono come un mantra, che ha lo stesso effetto placebo di una tisana alle erbe. Per la verità, lo stanno ripetendo da ottant’anni, ma ora il grido si fa più acuto. Questo assunto, che è un vero e proprio slogan, non è stato mai seguito da un atto qualsiasi che almeno avviasse il processo per la nascita di uno Stato Palestinese. Leggendo la storia con acriticità, si intravedono i due responsabili dell’attuale caos: l’ONU e il Regno d’Inghilterra. Il primo perché nella fretta di “andare a pranzo”, ha semplificato tutti i vari passi; il secondo, perché ha lasciato il campo, portandosi via il pallone, come si suol, dire al bar. Uscendo di metafora, l’ONU ha operato la divisione del territorio “palestinese”, disegnando i confini dei due stati con un pennarello verde su una copia della cartina di Adriano; a dimostrazione della “pigrizia mentale” dei funzionari, gli attuali confini vengono individuati come “linea verde”.
Piccola parentesi storica: ai tempi dell’imperatore Adriano (attorno al 135), la Palestina non esisteva, ma c’era una terra (Gaza) abitata dai falashtìn, che giustificherebbe il termine “Palestina”; il territorio dell’attuale Palestina era diviso in cinque provincie: Libano e Siria meridionali, Galilea, Giudea e Samaria. Le popolazioni di questi territori erano piuttosto turbolente e nel 130 circa misero in atto una terribile rivolta (la rivolta di Bar Kochbà), che Adriano debellò nel sangue; per punire le popolazioni, soppresse le tre provincie ebraiche e le accorpò in un’unica entità amministrativa che chiamò Palestina, dando inizio all’attuale confusione. La “striscia” tornò a chiamarsi Gaza (come leggiamo pure nel primo libro del profeta Amos). Nella “nuova Palestina” abitavano ebrei, cristiani (di varie confessioni), armeni, drusi; quindi si può affermare con certezza assoluta che il termine “Palestina” afferisce ad un territorio e non ha niente a che fare con l’individuazione etnica di una qualsiasi popolazione.
La situazione globale di questo territorio non è mai cambiata nonostante le varie dominazioni; un noto proverbio dice che “l’ultima campana lascia l’eco” e questa campana è rappresentata dal Regno Unito, cui la Società delle Nazioni aveva affidato il mandato sulla Palestina, nel 1920, subito dopo la fine della Prima guerra mondiale. Le popolazioni araba ed ebraica non sono mai andate molto d’accordo, e gli scontri tra queste due entità aveva un ritmo giornaliero, che spesso coinvolgeva anche i militari britannici, fino a che l’Inghilterra non decise autonomamente di abbandonare mandato e territorio, lasciando il caos. Come noto, la Seconda guerra mondiale ha avuto due appendici gravissime: la “soluzione finale” degli ebrei, portata avanti dalla Germania nazista e le atomiche Usa sul Giappone. Soltanto la prima, però, venne configurata come crimine di guerra e portò al processo di Norimberga e al via libera dell’ONU alla costituzione di uno Stato ebraico in Palestina.
L’ONU, come abbiamo visto, non ha saputo fare niente di meglio che dividere la cartina di Adriano, tralasciando tutti i suoi compiti; per esempio quello di dividere i contendenti, cioè arabi ed ebrei, visto che i Paesi arabi, appunto, attaccarono subito il neonato stato di Israele. Ma al peggio non c’è mai fine, perché invece di esercitare i suoi poteri, l’Organizzazione mondiale si occupò di sistemare gli arabi che non volevano vivere in uno Stato ebraico in campi profughi tuttora esistenti, creando anche un’agenzia apposta per loro, cioè l’UNRWA. Tra le cose positive che avrebbe potuto fare, ci sarebbe stata la creazione di una classe dirigente “araba” sulla parte di Palestina assegnata agli “arabi”.
Ma questo avrebbe significato un impegno totale e l’instillazione di una cultura della pace; invece, i campi profughi sono diventati l’Università del terrorismo e della “revanche”, i cui effetti perdurano ancora oggi, anzi ne sono al contempo causa ed effetto. L’irredentismo arabo, inoltre, invece di affrontare chi aveva creato questa situazione è sfociato in terrorismo aperto, per cui la soluzione a due Stati – oggi come oggi – non è praticabile. I gazawi, ad esempio, sono soggetti ad una dittatura del terrore che dà ragione a Papa Benedetto XVI, quando a Ratisbona affermò che dalla spada del Profeta, potevano derivare solo violenza e guerra: Papa Ratzinger ha pagato per questo e l’Occidente, ignavo, continuerà a subirne gravi e pericolose conseguenze.