L’epurazione, in forme diverse, è di nuovo tra noi
Ebrei fuori da bar, università e red carpet: i nuovi boicottaggi sanno di leggi razziali
di HaKol - 8 Settembre 2025 alle 09:49
Il concetto di “Costituzione materiale” fu teorizzato da un grande giurista come Costantino Mortati per definire un insieme dei comportamenti, delle interpretazioni e della prassi effettiva che dà vita, integra e modifica la “costituzione formale” (ovvero il testo scritto della Costituzione) senza però contraddirla, a dimostrazione di come l’attuazione concreta e le dinamiche del potere politico influenzino il significato e l’efficacia della Costituzione stessa, talvolta creando un disallineamento o una tensione con il testo scritto. Ovviamente questo concetto può essere esteso anche ad altri regimi normativi, fino a individuare il manifestarsi di comportamenti di fatto (“materiali”) che regolano situazioni in assenza di una legge.
Le leggi razziali del 1938 in Italia furono un insieme di decreti e leggi discriminatorie emanate dal regime fascista, principalmente dirette contro la comunità ebraica allo scopo di emarginare gli ebrei dalla società italiana, privandoli di diritti civili e politici. Questa legislazione del disonore fu abrogata in Italia con i decreti legge n. 25 e 26 del 20 gennaio 1944, emanati nel territorio liberato dagli Alleati e dalla Resistenza, con l’obiettivo di reintegrare i cittadini perseguitati nei loro diritti civili e politici. La legislazione antisemita comprendeva il divieto di matrimonio tra italiani ed ebrei; il divieto per gli ebrei di avere alle proprie dipendenze domestici di razza ariana; il divieto per tutte le pubbliche amministrazioni e per le società private di carattere pubblicistico – come banche e assicurazioni – di avere alle proprie dipendenze ebrei; il divieto di trasferirsi in Italia a ebrei stranieri; la revoca della cittadinanza italiana concessa a ebrei stranieri in data posteriore al 1º gennaio 1919; il divieto di svolgere la professione di notaio e di giornalista e forti limitazioni per tutte le cosiddette professioni intellettuali; il divieto per le scuole di adottare come libri di testo opere alla cui redazione avesse partecipato in qualche modo un ebreo.
Fu inoltre disposta la creazione di scuole – a cura delle comunità ebraiche – specifiche per ragazzi ebrei. Furono 96 i professori universitari italiani di ruolo identificati come ebrei e sospesi dal servizio a decorrere dal 16 ottobre 1938, a cui vanno aggiunti gli oltre 200 ricercatori e studiosi ebrei che esercitavano la libera docenza. Insomma, oltre 300 docenti epurati dall’università italiana in seguito all’introduzione delle leggi razziali, senza contare i professori di liceo, gli accademici, gli autori di libri di testo messi all’indice e i tanti giovani laureati e ricercatori la cui carriera fu stroncata sul nascere. Si arrivò così a numeri molto più elevati.
Le perdite furono particolarmente significative nei campi della medicina, delle discipline giuridico-economiche, delle scienze e delle materie umanistiche. Quanto agli studenti di religione ebraica, non era permessa l’iscrizione alle scuole di ogni ordine e grado, decretando così – come ha ricordato per la sua esperienza personale Liliana Segre – la fine dell’esperienza scolastica per migliaia di ragazzi che avevano condiviso fino a quel momento i banchi con i loro coetanei. Anche ai magistrati fu richiesta una dichiarazione di non appartenenza alla razza ebraica.
Senza accorgersene, stiamo strisciando – in via di fatto – in un contesto che presenta molte similitudini. Certo, nessuno sospende dal servizio i docenti ebrei e gli studenti, ma le “guardie rosse” pro-Pal limitano loro l’accesso negli atenei e nelle scuole, minacciando la loro sicurezza e impedendo lo svolgimento del loro lavoro. Sulla tragedia di Gaza c’è un “pensiero unico” che non può essere messo in discussione. Agli ebrei può essere precluso l’ingresso in locali pubblici (in sostanza, un barista può permettersi di non servire un caffè a un ebreo) e impedito l’esercizio della libertà di opinione (conferenze, manifestazioni, celebrazioni, ecc.). Persino la Giornata della Memoria è stata requisita.
Le proibizioni delle leggi razziali vengono convertite in boicottaggi, ma l’effetto non cambia. Quanto ai libri, vi è un controllo politico sui loro contenuti. Fior di scrittori rifiutano la traduzione in ebraico delle loro opere. Le fiere rifiutano gli espositori israeliani; persino la Mostra del Cinema di Venezia, prodiga di premi e riconoscimenti per noiosissimi film iraniani, ha bandito dal red carpet due artisti israeliani. Ma il fatto più assurdo è la spinta alla rottura dei rapporti istituzionali, culturali e scientifici con Israele, dove i nostri atenei e le nostre amministrazioni hanno solo da perdere.