Emanuele Calò e la parola “genocidio”

18 Settembre 2025 alle 14:51

In una critica all’uso del termine “genocidio” riferito all’azione di Israele a Gaza, l’autore, Emanuele Calò, presenta le argomentazioni di vari intellettuali italiani. Egli sostiene che l’accettazione di questa terminologia falsa è un modo per etichettare Israele come un reietto.

L’autore cita tre “maestri del pensiero” per sostenere la sua tesi:

  • Luca Ricolfi afferma che l’uso del termine “genocidio” per la guerra di Gaza è improprio secondo la definizione dell’ONU del 1948. Spiega che, sebbene Israele voglia distruggere Hamas, quest’ultimo non è un gruppo etnico o nazionale. Allo stesso modo, pur essendo i palestinesi un gruppo etnico, non c’è l’intenzione di sterminarli “in quanto tali”. L’uso del termine, secondo Ricolfi, non aiuta a risolvere il conflitto.
  • Ernesto Galli della Loggia definisce l’uso della parola “genocidio” come una “parola magica” che banalizza il vero significato storico del termine, legato a eventi come l’Olocausto. Sottolinea l’inefficienza di un presunto “genocidio” che avrebbe causato un numero di vittime di gran lunga inferiore rispetto agli stermini storici in un periodo di tempo più lungo. Secondo Galli della Loggia, questo uso sconsiderato contribuisce a un pericoloso revisionismo storico.
  • Michele Magno osserva che Israele non può vincere la guerra solo militarmente, ma deve contrastare la propaganda anti-israeliana, che ha trovato terreno fertile anche nelle democrazie europee, che “esercitano pressioni sul paese attaccato piuttosto che sui sequestratori”.

L’autore concorda con le posizioni citate, aggiungendo che l’operato di Israele non rientra nella definizione di genocidio della Convenzione ONU del 1948. Ribadisce che il vero genocidio è ciò che Hamas e Hezbollah hanno tentato di attuare. Sottolinea la contraddizione di una politica genocida da parte di Israele, un paese in cui un quinto della popolazione è araba, mentre i Paesi arabi non ospitano più comunità ebraiche. Conclude che lo spostamento della popolazione civile a Gaza è una misura per proteggerla, non per sterminarla.

Infine, l’autore lamenta che il dibattito pubblico, specialmente in televisione, non vede la partecipazione dei migliori intellettuali italiani, ma si affida a personaggi meno preparati, il che contribuisce alla diffusione di narrazioni imprecise.

Il grande archivio di Israele

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