Gaza e UNRWA: l’Occidente predica pace ma finanzia l’odio

di Luigi Giliberti - 13 Novembre 2025 alle 12:20

C’è una verità che l’Occidente non vuole toccare. Una verità che fa male, che divampa, che sgretola la narrazione comoda del “noi siamo i buoni, loro sono vittime del destino”. E invece è tutto molto più semplice, molto più brutale: abbiamo finanziato un sistema educativo che prepara bambini al martirio. Lo abbiamo fatto mentre recitavamo sermoni sui diritti umani, mentre pubblicavamo report patinati sulla “coesistenza”, mentre parlavamo di “soluzione politica”. Poi è arrivato il 7 ottobre. E improvvisamente quel mondo sotterraneo – che compariva già nero su bianco nei report IMPACT-SE – è esploso in superficie come lava. Tra gli invasori entrati in Israele quel giorno non c’erano solo miliziani adulti. C’erano minori. Ragazzi di 15, 16, 17 anni, cresciuti in un sistema che insegna:
  • che il martirio è la forma più alta di realizzazione umana;
  • che il nemico non è umano;
  • che Israele non esiste;
  • che la morte è preferibile alla vita se è “per la causa”.
Oggi non si può più negare. Non è più un sospetto. Non è una teoria. È documentato: minori hanno partecipato al massacro, minori partecipano regolarmente ai combattimenti. I bambini a Gaza non vengono solo educati all’odio: vengono sacrificati all’odio. Carne da macello. Piccoli cadaveri utili alla propaganda. Piccoli combattenti utili alla strategia. E se questo ti sembra troppo duro, allora smetti di leggere adesso. Perché la realtà è peggio.
Il manuale dell’UNRWA è un catechismo del martirio. Nelle scuole gestite e finanziate da UNRWA – l’agenzia ONU sostenuta con miliardi di dollari da UE e USA – i libri non insegnano la pace. La parola pace praticamente non esiste. Quello che invece esiste, pagina dopo pagina, è la glorificazione della morte. È impressionante quanto sia ricorrente il tema. Un’ossessione. Un lavaggio pedagogico. Nei materiali analizzati da IMPACT-SE, il martire è il modello ideale. Frasi come “Il martire è l’esempio più alto del sacrificio”, “La morte per la patria è un onore”, “La vita trova il suo significato nel sacrificio finale” sono inserite in letture, in esercizi, in comprensioni del testo, in poesie, in problemi di aritmetica.
• La violenza è un dovere morale
Il combattimento non è mai presentato come tragedia, come ultima ratio, come fallimento sociale. È la normalità. È il destino. È la virtù.
• Il martire è eterno
Il bambino impara che morire non è morire, ma ascendere. Come puoi pretendere che poi non ci siano minori armati?
• Il nemico è un’entità disumanizzata
In molte lezioni, l’ebreo non è mai un individuo. È un simbolo. È “l’invasore”. È “il ladro”. È “il male collettivo”. Quando disumanizzi, puoi uccidere senza esitazione.
• Israele non esiste
Cancellato dalle mappe. Rimosso dal linguaggio. Sostituito da “Palestina dal mare al Giordano”.
Quando un bambino cresce guardando una mappa senza Israele, come puoi stupirti se poi entra in un kibbutz e massacra civili convinto di “liberare”? Non è radicalizzazione. È curriculum. L’Occidente ama parlare di “radicalizzazione”. È una parola comoda. Lascia intendere che sia un processo accidentale, esterno, isolato. La verità è più atroce: non è radicalizzazione. È istruzione. È curricolo. È sistematico. È pianificato. È strutturale. E quando un bambino riceve questa educazione dagli insegnanti UNRWA, la figura adulta più autorevole della sua vita, quella voce si scolpisce nel cranio come verità assoluta.
Gli insegnanti – altro capitolo oscuro – sono parte integrante del problema. Oltre 130 docenti, presidi, funzionari UNRWA sono stati trovati a:
  • lodare Hitler;
  • incitare a uccidere ebrei;
  • celebrare gli attentati;
  • condividere propaganda Hamas;
  • benedire il 7 ottobre come “giorno di gloria”.
E la reazione dell’Occidente? Due settimane di indignazione. Poi tutto come prima. L’Occidente paga la benzina e si lamenta dell’incendio. Ci siamo abituati a piangere i morti. Ma non siamo disposti a guardare ciò che li produce. È come se l’Occidente avesse paura non della violenza, ma delle sue cause. Perché se guardi le cause, devi cambiare la tua politica. E se cambi la politica, devi affrontare la tua ipocrisia. Da decenni finanziamo un sistema educativo che:
  • insegna ai bambini che la morte è il destino più nobile;
  • li prepara psicologicamente al combattimento;
  • li disumanizza al punto da vederli morire senza che nessuno protesti;
  • li spinge a diventare soldati prima ancora di diventare uomini.
Poi, quando li vediamo combattere, ci scandalizziamo. Eppure tutto era scritto, tutto era noto, tutto era denunciato – proprio da IMPACT-SE. Il paradosso supremo: i bambini-soldato che “non esistono”. I bambini-soldato in Africa? Orrore. Conferenze ONU, campagne internazionali, condanne globali. I bambini-soldato a Gaza? Silenzio. Rimozione. Negazione. Eppure ci sono. Eppure li vediamo. Eppure è documentato. Ragazzini che riparano droni. Ragazzini addestrati nelle “summer camps” di Hamas. Ragazzini filmati mentre corrono tra le macerie con armi vere. Ragazzini che entrano in Israele il 7 ottobre. Ragazzini morti in combattimento. Ragazzini celebrati come martiri. Bambini usati come scudi umani. Bambini uccisi perché posizionati deliberatamente in aree militari. Bambini cavalcati come simboli politici dai loro stessi governanti. Se questo non è trattare un essere umano come carne da macello, allora cos’è?
L’Occidente continua a parlare di pace mentre finanzia gli autori della guerra. Continua a difendere i bambini mentre sostiene chi li manda a morire. Continua a riempire conferenze di parole altisonanti mentre ignora l’unica verità che importa: la guerra del futuro nasce nel banco di scuola. E quando quel banco insegna il martirio, non ci sarà mai abbastanza diplomazia per fermare il sangue. Se vuoi fermare la violenza, devi fermare la pedagogia della violenza. Se vuoi salvare i bambini, devi salvare la loro educazione. Se vuoi parlare di pace, devi avere il coraggio di guardare dove la pace muore: lì, nella pagina dove un bambino legge che “la morte è il significato della vita”. Finché non rovesceremo quel libro, continueremo a seppellire generazioni. E il dramma più grande è che quei bambini non avevano scelto la guerra. Gli è stata insegnata. Gli è stata imposta. Gli è stata costruita addosso come una gabbia. E noi, l’Occidente, abbiamo pagato il fabbro.

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