Le Ragioni di Israele

Hamas, nella proposta di pace non c’è speranza

di Iuri Maria Prado - 8 Luglio 2025 alle 11:36

C’è l’ennesima ipotesi di tregua – per l’ennesima volta pregiudicata da Hamas, che intromette nelle linee di accordo condizioni impreviste e inaccettabili – e tu che fai? Scrivi che “Netanyahu spegne la speranza prima dei negoziati” (così, testualmente, titola HuffPost del 6 luglio).
Fare un titolo come quello significa due cose. Vuol dire, simultaneamente, nascondere il motivo del rifiuto israeliano di accettare quelle (nuove) condizioni e legittimare la parte che inaccettabilmente le ha poste per far saltare l’accordo o comunque per alterarne il quadro.

Il tutto, con il messaggio moraleggiante secondo cui la “speranza” di pace è frustrata dall’inopinato capriccio del leader israeliano. Che poi il punto di incaglio riguardasse la sciocchezzuola degli aiuti, vale a dire la pretesa di Hamas di tornare al proprio ruolo di appaltatore/predone grazie alla posizione di esclusiva monopolistica dell’Onu – che quel ruolo garantiva e copriva – ovviamente non è questione capace di interessare i titolisti di quel giornalismo ispirato. La realtà è che la faccenda degli aiuti non è neppure una variabile importante della guerra di Gaza: è pressoché tutta la guerra di Gaza. Non è un caso che sin dal primo momento, sin dall’originario ricorso sudafricano alla Corte Internazionale di Giustizia, le pressioni su Israele – sulla scorta dello spauracchio della carestia – riguardassero l’obbligo di fornire gli aiuti per il tramite dell’organizzazione, l’Unrwa, che in buona sostanza li incamerava senza curarsi del fatto che finissero nelle mani di Hamas.

Non è un caso che le Nazioni Unite abbiano sempre rivendicato, senza nessun fondamento e senza mai rispondere delle proprie inefficienze, la propria “insostituibilità” nel governo degli aiuti. Era vero. Le Nazioni Unite, con l’Unrwa, erano genuinamente insostituibili: ma per Hamas, non ai fini della ricezione degli aiuti da parte della popolazione civile. L’Unrwa, figlia dell’Onu, non è più da tempo – semmai lo è stata – un’organizzazione internazionale: è un’organizzazione palestinese, documentatamente e vastamente compromessa con Hamas. Se non per altro, perché è Hamas a esercitare il potere di fatto sulla Striscia.

Perdere il controllo degli aiuti significa perdere la guerra: e non perché gli aiuti cessano di arrivare a una popolazione che ne ha bisogno, ma perché cessano di essere la fonte di approvvigionamento e il motivo di ricatto e potere di chi li gestiva in quel modo. Oscurare questa realtà chiarissima con titoli melodrammatici sulle speranze che crollano a causa delle bizze israeliane è abbastanza facile.
Ma non serve neppure al fine di offrire prospettive alla gente bisognosa, salvo credere che il bisogno sia soddisfatto con il ritorno alla tranquillità del sistema latifondiario precedente. E cioè il sistema che rifocillava i terroristi e prendeva a strozzo i civili, mentre i signori dell’Onu garantivano quell’ordine criminale strillando che Israele usava la fame come arma di guerra.

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