Il miracolo di Chanukkà oggi: resistere all’annientamento della fede e dell’identità
di Dalia Gubbay - 6 Dicembre 2025 alle 10:33
L’identità sotto tiro.
Poche settimane fa, su una testata nazionale, è stato pubblicato un mio articolo che trattava di un tema che mi ha sempre procurato grande amarezza: le domande che i bambini fanno alle loro mamme davanti ai “signori con i fucili” che presidiano le scuole ebraiche.
Dico della difficoltà di spiegare e giustificare un fatto che riguarda solo le loro scuole.
Di un’ingiustizia che perdura nel tempo.
Dell’esigenza di essere protetti che è diventata normalità:maestre,bidelle,soldati.
Devo ammettere, con grande umiltà mista a stupore, che non mi aspettavo una tale risonanza.
Il mio pezzo condiviso e ripubblicato un po’ ovunque, con decine di migliaia di visualizzazioni.
Ha evidentemente toccato molte corde.
Ci stati poi tantissimi commenti alle mie parole.
E, di nuovo, ne ho seguito l’evolversi sempre più incalzante quasi incredula. La maggior parte di grande solidarietà, comprensione, empatia, sincero disappunto e commozione. E qui ne voglio approfittare per ringraziare soprattutto i cittadini non di fede ebraica che mi hanno mandato il loro abbraccio.
Sebbene, e lo dico a gran voce, il mio intento non fosse affatto quello di atteggiarmi a vittima, né di cercare consenso. Non ho espresso disperazione né terrore per la situazione in cui siamo costretti a vivere da sempre.
Era un racconto vero, senza fronzoli. Uno spaccato reale e concreto.
A questo punto, però, era naturale che ci fossero reazioni anche molto meno gradevoli, del solito tenore a cui purtroppo siamo sottoposti da tempo. E non le chiamerei nemmeno antisemite certe esternazioni, ma solo il ricettacolo della peggiore ignoranza, della più becera propaganda.
Scorrendo le centinaia di commenti, però, mi sono resa conto che a colpirmi di più non sono stati i tristemente noti “e allora a Gaza”, “e allora le mamme palestinesi”.
È stato chi mi ha detto, con grande nonchalance e un pizzico di supponenza:
«Ma perché non manda i suoi figli alla scuola pubblica e la fate finita?»
Ecco, dunque: qui non si tratta di risolvere il problema alla radice, di educare alla convivenza, allo studio della storia, al progredire della coscienza civile, al lavorare per sconfiggere il pregiudizio anti-ebraico. No.
Si tratta di eliminarlo, questo inconveniente spiacevole degli uomini con i fucili, rinunciando alla propria identità, amalgamandosi agli altri per poter vivere in maniera sicura e serena nella propria città.
Aberrante.
Tra poco noi ebrei festeggeremo la festa di Chanukkà, la festa delle luci.
Ricordiamo, in questa ricorrenza, un ennesimo tentativo di sconfiggerci: non scatenando questa volta una guerra solo militare, bensì in maniera molto più subdola. Con un attacco alle tradizioni, allo studio della Torah.
I greci volevano annientare la fede del popolo ebraico impedendo loro di professare il proprio credo.
Il culto ebraico fu vietato.
Ma i Maccabei non rinunciarono a pregare, mangiare kasher, parlare l’ebraico, onorare lo Shabbat e le festività.
Lo fecero di nascosto.
Il grande Tempio fu profanato.
Gli ebrei si trovarono al buio, con un solo lume acceso.
Sarebbe dovuto durare un giorno.
Miracolosamente, ne durò otto. Il tempo necessario per crearne un altro.
Ed è questo che festeggiamo: con bomboloni, regali e quella bellissima lampada con otto braccia.
La vittoria della luce, della libertà religiosa, della forza spirituale.
E dunque no, non porterò i miei figli alla scuola pubblica.
A chi mi ha chiesto se la scuola ebraica è una scuola “normale”, se segue i programmi ministeriali, con pazienza ho risposto di sì.
Adesso avrei voglia di mostrare loro la classifica Eduscopio, che ha decretato il nostro liceo scientifico delle scienze applicate il migliore di Milano. Anche se nessun giornale ne ha scritto.
Ma questa è un’altra storia.