Intervista al Ministro degli Esteri israeliano Sa’ar
24 Settembre 2025 alle 13:08
TEL AVIV – Ministro Sa’ar, molte nazioni importanti, tra cui Francia e Gran Bretagna, hanno riconosciuto lo Stato di Palestina…
«Quel che è che ho potuto rilevare stamattina, quando mi sono svegliato, è che uno Stato di Palestina non esiste. Ma fino a questa settimana più di 140 Stati lo hanno riconosciuto. Ora una decina in più, forse».
Che effetto le fa?
«Era una decisione totalmente sbagliata e adesso, dopo il 7 ottobre, mentre noi combattiamo una guerra esistenziale, risulta moralmente aberrante e politicamente folle. Si deve essere ciechi per non rendersi conto che così si crea lo Stato di Hamas. E non permetteremo che succeda. Hamas prenderebbe velocemente il controllo di West Bank come ha fatto a Gaza nel 2007 dopo il ritiro di Israele dalla Striscia. Oggi da noi tutti ne vedono i pericoli. Esprimo apprezzamento per quei Paesi che non si fanno trascinare in questa iniziativa».
Un leader dell’opposizione, Naftali Bennet, ha dichiarato: «Preferisco avere i miei figli vivi ed essere impopolare che vederli morti ed essere amato in tutto il mondo». Lei concorda?
«È un commento che non riguarda soltanto la realtà in cui viviamo ma anche la nostra storia, direi. Nello scorso secolo abbiamo perso sei milioni di persone in Europa con l’Olocausto. Il cambiamento determinato dalla nascita dello Stato d’Israele è la capacità di proteggere noi stessi. È preferibile vivere una vita impopolare che non vivere affatto. Tuttavia, è anche molto importante esprimere il nostro punto di vista, come sto facendo in questa intervista».
I ministri Ben-Gvir e Smotrich spingono per l’annessione di West Bank…
«La questione verrà affrontata dal governo israeliano. È però logico che un giorno le leggi d’Israele vengano applicate sulle comunità israeliane in Giudea e Samaria. Sarà il governo israeliano a valutare tempi e contenuti. Nessuna decisione sulla materia è stata presa al momento».
Quando la prenderete?
«Netanyahu ha deciso che discuteremo la reazione al riconoscimento dello Stato di Palestina solo dopo il suo rientro dalla visita a Washington. Ci sono opzioni diverse. E comunque, visto che lei ha parlato di annessione di West Bank, voglio dirle che non c’è l’intenzione nemmeno di discutere l’annessione dei territori dell’Autorità palestinese perché noi non vogliamo controllare i palestinesi. Ciò che può essere discusso, ma non è ancora deciso, è implementare la legge israeliana sulle comunità israeliane che si trovano lì e non sono sotto l’autorità palestinese».
Fame, morte, esodi di massa: le immagini dei gazawi hanno toccato il mondo ben più di quelle del 7 ottobre. Come se lo spiega?
«C’è sempre empatia per le parti percepite come più deboli: è comprensibile. Ma la questione da porvi è: chi ha causato questa tragedia? E la risposta è: soltanto Hamas. Le ricordo che vent’anni fa noi ci siamo ritirati da Gaza, smantellando tutte le nostre comunità, le nostre basi militari e persino le tombe del cimitero. Ma qual è stato il risultato? Che Hamas ha preso il controllo della Striscia, ha costruito il suo regno del terrore in terra e nel sottosuolo. E ha condotto continui attacchi contro di noi fino all’invasione e al massacro del 7 ottobre. Sa qual è la verità?».
Qual è?
«Che noi israeliani siamo le vittime. Nessun Paese avrebbe risposto diversamente. E Hamas è responsabile anche del perdurare della guerra poiché rifiuta di rilasciare i 48 ostaggi ancora nei tunnel di Gaza. Lo avessero fatto, la guerra sarebbe finita ieri».
Il cardinale Pizzaballa ha detto che «Israele considera sé stesso come la sola vittima». Lei è disposto almeno a riconoscere che le vittime sono due?
«La guerra è sempre una tragedia e riconosco senz’altro che le sofferenze sono da entrambe le parti. Ma voglio dire molto chiaramente che Hamas è responsabile per la sofferenza di entrambe le parti. Ha preso in ostaggio non solo i nostri civili ma anche il suo stesso popolo in nome di una visione jihadista».
Continuano a morire soldati israeliani. Quanto è ancora forte Hamas?
«Per un piccolo Paese qual è Israele, è una tragedia dolorosissima perdere tante vite, di cui molte giovani, per combattere tanto a lungo contro Hamas, contro Hezbollah, gli Houti, l’Iran e altre minacce. Ma dobbiamo farlo per sopravvivere. Hamas ha perso il controllo della maggior parte dei territori della Striscia, ha perso tutti i suoi comandanti in capo, buona parte dei missili in suo possesso. Ma ha ancora, direi, quasi ventimila terroristi attivi. E usa gli aiuti umanitari a Gaza come motore economico: con essi stipendia i terroristi e reclutano nuovi giovani combattenti».
La comunità internazionale vuole escludere Hamas dal futuro di Gaza…
«E perché non ci dà un consiglio pratico su come raggiungere questo obiettivo? Avere uno Stato terrorista come Hamas sarebbe drammatico. Non lasceremo ad Hamas la possibilità di dettare il risultato di questa guerra usando gli ostaggi».
Trump ha detto che gli ostaggi possono correre rischi maggiori per effetto dell’offensiva su Gaza City. Pensa che le loro famiglie siano disposte ad accettarlo?
«Prima di tutto, le famiglie hanno visioni a volte diverse. Le incontro spesso. Per ogni famiglia la cosa più importante è la vita di un figlio. E’ perfettamente comprensibile. Abbiamo l’impegno a riportare qui tutti gli ostaggi, chi è vivo e chi non lo è più. Ho avuto il privilegio di votare due volte su un accordo sugli ostaggi, a novembre 2023 e gennaio 2025. Abbiamo già recuperato la maggior parte degli ostaggi e siamo determinati a riprenderceli tutti».
Il piano Blair per il futuro di Gaza è ancora sul tavolo?
«Gli americani stanno lavorando a un piano sul “day after” di Gaza. Interagiscono con noi tanto quanto con gli Stati arabi. E so che si consultano con l’ex premier Blair di cui apprezziamo esperienza e ragionevolezza. Credo che, se gli Usa verranno fuori con un piano, avranno ottime probabilità di ottenere il massimo supporto della comunità internazionale e nella regione».
Qual è il vostro rapporto con il governo italiano?
«Il governo italiano è stato in grado di essere d’aiuto sulla questione umanitaria molto di più di altri Stati. Ho apprezzato “Food for Gaza” del ministro Tajani. Apprezzo inoltre l’Italia per non supportare certe iniziative: la sospensione di accordi come quelli commerciali, infatti, comporterebbe un rincaro delle tariffe e costi tutti a danno dei consumatori europei. Non sono questi i modi di interagire con gli amici. Misure simili non sono state prese contro nessuno, neppure contro l’Autorità palestinese, che ancora oggi elargisce denaro per il terrorismo. Apprezzo dunque l’Italia e altri Stati come la Germania, l’Austria, la Repubblica Ceca, l’Ungheria, che vi si oppongono sempre».
I pacifisti della Flotilla saranno «trattati da terroristi» come vorrebbe Ben-Gvir?
«Lei deve sapere che questa Flotilla è connessa ad Hamas, che la sostiene».
È una grave affermazione.
«Posso provarla. Non è un progetto ingenuo. Il loro obiettivo non è aiutare la gente né portare aiuti umanitari ma rompere l’assedio a Gaza. Se lo rompi una volta, poi puoi farlo molte volte. Dobbiamo fermarli. Non in modo violento, ma dobbiamo».