Il dibattito
Isolare Israele significa segare il ramo su cui siamo tutti seduti: la democrazia a Tel Aviv è messa alla prova ma resiste
di HaKol - 22 Agosto 2025 alle 16:08
Oltre ad essere un sincero amico di Israele – e anche del Riformista – il generale Tricarico [1] è uno dei massimi esperti italiani di strategie militari e geopolitiche. E i suoi argomenti meritano una risposta, nello spirito di un dialogo aperto che, per noi, non deve mai venire meno, e non solo con gli amici. Nell’occuparci della drammatica, delicata vicenda arabo-israeliana noi cerchiamo di attenerci, giorno dopo giorno, ai fatti. I giudizi, su cui è legittimo e salutare dividersi, vengono dopo.
Il primo fatto è che Israele – purtroppo – non è mai stato considerato, “nel sentire collettivo, un modello di democrazia da emulare e contrapporre ai regimi dell’area da cui è circondato”. Tanto meno nel nostro Paese. Al contrario, più o meno apertamente, lo Stato ebraico è sempre stato considerato sostanzialmente abusivo, con primi ministri – fossero di destra o di sinistra – sempre ritenuti a capo di un sistema pressoché dispotico. Ora Rabin – da morto – è un santo patrono di fratellanza e convivenza. Da vivo passava per il leader – come tutti i predecessori e come tutti i successori – di un Paese usurpatore.
Anche sulla Cisgiordania i fatti ci dicono in primo luogo che non viene chiamata Giudea e Samaria “ora” dagli israeliani (Bibbia a parte, quella dicitura compare persino nella nota risoluzione Onu 181, del tutto disattesa da parte araba). Ma, denominazioni a parte, il punto è che il ritiro israeliano dai cosiddetti Territori Occupati non esauriva affatto il contenuto degli accordi di Oslo cui fa riferimento Tricarico. Quegli accordi rappresentavano l’avvio di un processo progressivamente ostacolato e vanificato da parte palestinese, come dichiarò proprio chi – il presidente Bill Clinton – aveva gestito le trattative culminate nella celebre stretta di mano tra Rabin e Arafat.
Da lì in poi la situazione della Cisgiordania è peggiorata solo per colpa dei palestinesi? No, Israele ha le sue responsabilità. Ma la storia recente di quella terra non sta solo nelle violenze dei coloni (gravi, anche se non diffuse come si dice), né solo nell’incapacità di Israele di contenerle. Ci sono anche le centinaia di uomini-bomba palestinesi che hanno fatto stragi in Israele, in quella storia. Che non è storia passata, visto che, durante la guerra di Gaza, Hamas stessa ha parlato di una Intifada 3 da far partire proprio dalla Cisgiordania in direzione Israele, con una nuova ondata di attacchi kamikaze.
D’altronde dovrebbe essere chiaro che la questione degli insediamenti non può essere letta né giudicata fuori dal quadro politico e giuridico in cui sono realizzati. È certamente plausibile ritenere che siano inopportuni (illegali no, ma non possiamo occuparcene in poche righe), anche se c’è un’osservazione di segno opposto che non può essere trascurata. A giudizio di molti, gli insediamenti sono l’unico strumento per assicurare sicurezza a Israele. E la storia di Gaza, drammaticamente, dà ragione a chi ne è convinto. Perché l’estirpazione, anche violenta, delle comunità ebraiche di Gaza non ha portato né sicurezza né pace: ha portato invece alla costruzione della più vasta e potente fortezza terroristica del mondo. C’è qualche garanzia che non avvenga lo stesso per la West Bank?
Infine, quanto al fatto che la democrazia israeliana debba “spurgarsi dalle impurità che la stanno inquinando”, al nostro amico Dino ricordiamo che – chissà perché – solo a Israele, e a nessun altro Paese al mondo, viene riservato un quotidiano, ossessivo monitoraggio sul suo tasso di purezza “democratica”. E qui passiamo dai fatti ai giudizi. A nostro giudizio le manifestazioni dei giorni scorsi, così come il dissenso di settori dei vertici militari o di altri pezzi di Israele verso le scelte di Netanyahu, sono la bellissima conferma di una società vitale, capace di andare avanti in condizioni difficilissime senza tutele altrui o tentazioni autoritarie.
L’intero Occidente dovrebbe essere fiero del volto democratico che espone di fronte ai fondamentalismi dell’area e agli Stati che armano i terroristi, invece di cercare di fiaccarne in ogni modo la resistenza. Isolare Israele significa segare il ramo su cui siamo tutti seduti. Ed è stupefacente che questo non lo capiscano i nostri pavidi governanti e le nostre opinioni pubbliche instupidite e soggiogate dai mille pifferai di Hamelin che infestano media e social media.
Il dibattito con il generale Tricarico: La democrazia israeliana dovrebbe battere un colpo e spurgarsi dalle impurità che la stanno inquinando, liberando l’unico vero ostaggio: Netanyahu [2]
[1] https://www.ilriformista.it/la-democrazia-israeliana-dovrebbe-battere-un-colpo-e-spurgarsi-dalle-impurita-che-la-stanno-inquinando-liberando-lunico-vero-ostaggio-netanyahu-478534/
[2] https://www.ilriformista.it/la-democrazia-israeliana-dovrebbe-battere-un-colpo-e-spurgarsi-dalle-impurita-che-la-stanno-inquinando-liberando-lunico-vero-ostaggio-netanyahu-478534/