Israele, l’ingegno che… vola!
di Paolo Crucianelli - 30 Settembre 2025 alle 11:41
Nel cuore delle industrie belliche israeliane è nato un velivolo che sta rivoluzionando la raccolta di Intelligence e il comando operativo: l’Oron (che in questo contesto significa “guida luminosa”). Sembra il nome di un personaggio biblico, ma è un concentrato di tecnologia futuristica. Un aereo dalle dimensioni modeste – un comune Gulfstream 550 – che racchiude un potenziale informativo immenso. Dove altri Paesi optano per pachidermici e costosissimi aerei-spia, Israele punta sulla precisione compatta, sull’agilità, sull’ingegno. E i risultati si vedono.
L’Oron integra in un’unica piattaforma tutto ciò che serve per dominare un teatro di guerra moderno: SIGINT (Intelligence sui segnali elettronici), IMINT (Intelligence dalle immagini), sistemi di comando e controllo in volo, analisi in tempo reale potenziata dall’Intelligenza Artificiale. È un centro operativo volante, in grado di supportare l’esercito, la marina e l’aviazione. Simultaneamente.
Un cervello elettronico che scruta i cieli del Medio Oriente, incrocia dati, li elabora all’istante e li trasmette a chi deve decidere. L’aereo non raccoglie solo informazioni: le interpreta, le filtra, le rende operative. Già in volo.
Il progetto era ancora in fase di test quando è scoppiata la guerra del 7 ottobre. Due settimane dopo, l’Oron era già operativo, messo in linea con un tempismo che ha del miracoloso. Perché la guerra accelera tutto: processi, sperimentazioni, scelte politiche. E quando il Paese è Israele, con la sua struttura di ricerca integrata tra università, industria e apparato militare, allora si ottiene l’impensabile in tempi incredibili.
Il risultato? Una piattaforma considerata da molti analisti come la più avanzata al mondo. L’Oron è stato impiegato in operazioni su Gaza, Libano, Siria e, senza dubbio, anche in Iran, anche se su questo punto le fonti che hanno fornito le informazioni si sono rifiutate di rispondere. È uno degli strumenti-chiave nella guerra in corso. Ma ciò che conta davvero, al di là dei successi tattici, è ciò che rappresenta: la dimostrazione che Israele è – e resterà – una potenza tecnologica globale, nonostante boicottaggi, campagne diffamatorie e ostilità diplomatiche.
Ecco perché il boicottaggio della ricerca israeliana non è solo ingiusto: è autolesionista. Israele sviluppa soluzioni in campi cruciali – dalla cybersicurezza alla robotica, dalla medicina rigenerativa alle tecnologie aerospaziali – che ricadono direttamente sulla qualità della vita anche in Occidente. Chi crede di punire Israele bloccando le collaborazioni scientifiche, sta in realtà ostacolando il proprio futuro.
L’Oron è solo l’ultimo esempio di come una necessità militare possa generare un progresso tecnico-scientifico con impatti molto più ampi. Come fu per lo sviluppo del radar, nato per individuare i bombardieri tedeschi durante la Seconda guerra mondiale, e oggi base di ogni sistema meteorologico e di sicurezza aerea e navale. Il GPS, concepito per guidare missili e flotte, è diventato la colonna vertebrale della mobilità quotidiana planetaria. Internet stesso è frutto della ricerca militare statunitense. E le tecnologie per l’analisi satellitare, l’osservazione ambientale, la gestione dei disastri naturali derivano tutte da strumenti sviluppati inizialmente a fini bellici. La stessa conquista della Luna è stata resa possibile dal successivo sviluppo dei razzi V2 tedeschi, ad opera dello stesso scienziato che li aveva realizzati, Verner Von Braun.
Chi oggi osserva l’Oron dovrebbe capire che non sta guardando solo un aereo: sta guardando il futuro dell’innovazione applicata. E quel futuro, almeno in parte, parla ebraico.