Il racconto

Kippur, dialoghi nel clima teso di Torino

di HaKol - 8 Ottobre 2025 alle 15:27

Come stai? Mah, visti i tempi… Rivedo il clima di quando sono scappata in Svizzera, lo sento, lo annuso. Era di notte, quello lo ricordo bene. Come va al lavoro? Profilo basso. Speriamo passi.

Poche frasi nel clima ovattato e accogliente di Kippur. Facce tese, paura. Alcuni sanno dell’attentato a Manchester, la polizia è tanta e attenta, i cortei dovrebbero avvicinarsi al Tempio. Ci si guarda alle spalle, si sorvegliano i bambini, gli israeliani della sicurezza sono lì per noi. I muri sono imbrattati, i balconi hanno i sudari. Ti guardi attorno spaesato. Ci si chiede: ma dove siamo finiti? Finisce Kippur: la notizia di Manchester è ormai sulla bocca di tutti, tranne che dei telegiornali, che la relegano tra le ultime.

Domani chiudono il mio ufficio. Ma io non aderisco allo sciopero! Domani a scuola sarà un inferno, saremo in tre in classe.

Passano le circolari sui telefonini ormai attivi. Cosa facciamo? Andiamo a scuola? Venerdì 3 ottobre, forse la peggiore. Se oggi non si accordano, siamo finiti. Numeri di piazze stracolme, Giunte comunali al completo nei cortei, sindaci sorridenti, bambini, mamme, anziani, giovani. Qualcuno un po’ più in là sta distruggendo macchine, e Landini incita alla rivolta sociale. Ci hanno voltato le spalle tutti, le piazze sono piene di volti sorridenti (ma non c’è un genocidio in atto?). Arriva un primo rantolo di accordo di pace. Ma gli scioperanti continueranno a scioperare anche l’indomani. Accecati. Vedremo cosa ne sarà di noi. Per ora, per quel che vale, la rabbia è forte. Questa volta uso il noi e il voi, cosa che mi fa orrore, ma voi avete messo il sale sulle ferite per due anni. Speriamo di vedere gli ostaggi liberi e che la popolazione palestinese si liberi da Hamas. I conti si fanno alla fine. Rifletteremo lungamente. Ed è arrivato così il 7 ottobre.

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