La narrativa manipolatoria di sempre
La grande negazione dei progressisti dopo la doccia fredda di Sharm el-Sheikh: così la sinistra non vuole vedere la vittoria d’Israele (e di Bibi)
di HaKol - 15 Ottobre 2025 alle 11:52
Sta vincendo Trump, sta vincendo Netanyahu, aveva scritto giorni fa Il Riformista [1], riconoscendo l’abilità diplomatica del tycoon e la determinazione politico-militare del premier israeliano. E da sinistra erano piovute critiche aspre. Ma che dire dopo la doccia fredda di Sharm el-Sheikh? Oggi, a sinistra, nessuno più stigmatizza il piano della Casa Bianca come neocoloniale.
Oggi, dai democrat ai pentastellati, il campo largo tace, azzarda mezze parole, tradisce imbarazzo, cerca di riallinearsi. Riproponendo tuttavia la narrazione che per mesi l’ha visto accodarsi alle piazze pro-Hamas e alle flottiglie corsare. E così Peppe Provenzano riabilita Trump, ma solo perché avrebbe costretto Tel Aviv al cessate il fuoco. E il Manifesto lamenta il “colpo di spugna” sui crimini di Netanyahu che i venti punti finirebbero per certificare. E Nicola Fratoianni chiede “la fine dello sterminio”, ma, visti i compagni di merenda di Sharm, non ci crede troppo. E Francesca Albanese arriva a dire che “la pace completerà ciò che il genocidio non è riuscito a fare”. Perfino Matteo Renzi, assecondando una Gruber piena di dubbi, annuncia fantasiosamente in tv che “ora Israele deve tornare nei propri confini”.
È la grande negazione dei progressisti. Déjà vu. Si nega che Hamas abbia inventato la guerra con il 7 ottobre, che abbia scientemente mandato a morire il suo popolo, che si sia nascosto per due anni dietro il martirio dei rapiti. Si nega la minaccia stessa di Hamas. Basta dare un’occhiata ai media. Quante volte, nei fogli della sinistra, sono citati i bambini di Gaza e quante volte i bambini bruciati nei kibbutz? Si nega che Israele, con il suo coraggio implacabile, abbia vinto la guerra.
La guerra l’ha vinta Trump perché ha messo a tacere Netanyahu, si dice. La guerra l’hanno vinta le piazze pro-Hamas, ricorda Laura Boldrini. E perciò gli sconfitti non sono le milizie sanguinarie, sono gli israeliani. Tutt’al più, sono le destre israeliane. È la narrativa manipolatoria di sempre. Nel giorno della riabilitazione di Trump, nessuno riabilita Netanyahu, nessuno riabilita la guerra disperata di Tel Aviv, le sue ragioni fatali, le sue modalità crudeli. La guerra, si dice, è il genocidio dei gazawi. È il programma di sterminio di un popolo. La grande menzogna.
Nessuno pretende un disarmo di Hamas. Nessuno, eccezion fatta per Carlo Calenda, chiede che, prima del riconoscimento di un proprio Stato, i palestinesi riconoscano il diritto all’esistenza di Israele. Certo, al di là dello show di Ciro il Grande, la pace sembra lontana. Perché dovrà sciogliere nodi secolari, il primo dei quali rimane l’accettazione della convivenza con gli ebrei da parte delle popolazioni arabo-musulmane. Ma anche perché dovrà vedersela con l’incrollabile unilateralismo filopalestinese, con il tenace antisionismo, con i veleni antisemiti dell’opinione pubblica occidentale. Progressisti compresi. Anzi, progressisti in prima linea.
[1] https://www.ilriformista.it/il-trionfo-di-netanyahu-puo-risvegliare-loccidente-e-i-suoi-principi-dimenticati-dalla-sinistra-484535/