Le Ragioni di Israele

L’inaffidabile Autorità Palestinese, il suo capo (Abu Mazen) resta vicino ad Hamas

di Iuri Maria Prado - 22 Ottobre 2025 alle 14:04

L’azione militare di Israele non ha spiegato effetti solo nei confronti di Hamas, la forza terroristica che sequestra Gaza da decenni e ha finito per farla distruggere come pegno per l’irrealizzabile distruzione di Israele. Non senza qualche recalcitrante ambiguità durante tutto il corso del conflitto, infatti, anche l’Autorità Palestinese è stata infine indotta a capire che non avrebbe avuto futuro se avesse perseverato nell’atteggiamento tradizionale: e cioè nel tentativo di avvantaggiarsi in modo parassitario dell’indebolimento di Israele tramite l’azione dei macellai di Gaza.

Abu Mazen non insultava gli autori del 7 ottobre e non reclamava che essi liberassero gli ostaggi né agli inizi della reazione israeliana né durante il lungo svilupparsi del conflitto, ma solo poi, solo quando prendeva a farsi chiaro che Israele non avrebbe consentito che Gaza, con Hamas, potesse ancora costituire un pericolo per lo Stato ebraico. Quando consegnavano i corpi strangolati di un lattante e del fratello di 4 anni in due bare nere, i terroristi di Gaza non erano ancora “figli di cani” per il leader della corrotta Autorità Palestinese. È indiscutibile in ogni caso che l’Autorità Palestinese era, e rimane, l’unico riferimento giuridicamente possibile per intestare il futuro dei palestinesi a una realtà di potenziale affidamento.

Certo, occorre che sia messa all’angolo delle proprie responsabilità da una pressione che non ne assolva le persistenti magagne. Una, esemplare, riguarda l’obliqua (in realtà diretta) retribuzione dei terroristi, vale a dire il sistema di presunta “previdenza sociale” che remunera gli autori delle aggressioni ai danni degli israeliani: un vero e proprio sistema di welfare sicario che assicura vitalizi commisurati alle sofferenze che i “martiri” hanno inflitto a Israele. Questo sistema non è mai stato abolito. Nel febbraio scorso passava semplicemente di mano, con competenze trasferite dal Ministero dello Sviluppo Sociale al “Palestinian National Foundation for Economic Empowerment”, un cambio di etichetta posto a coprire il medesimo andazzo. “Anche se ci rimane un centesimo”, disse allora Abu Mazen, “è destinato ai prigionieri e ai martiri. Devono ricevere tutto come prima”.

Così è stato e così continua a essere, e mentre il capo palestinese – imbeccato da un’intervistatrice disinformata o in malafede – racconta al Corriere della Sera che quel sistema sarebbe stato abolito, ai criminali palestinesi rilasciati da Israele nei giorni scorsi arriva un fiume di denaro che ne ripaga la militanza terroristica. Significativamente, in quell’intervista al Corriere, Abu Mazen dice che “Hamas ha ancora la possibilità di trasformarsi in un partito politico, se adotterà i principi dell’Olp”. Sa perfettamente che non c’è nessun margine per un simile sviluppo. Piuttosto si tratta di vedere se è davvero escluso che l’Autorità Palestinese adotti i principi di Hamas. Se sarà così, sarà stata la guerra di Gaza a ottenere il risultato.

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