Lo sciopero di Landini “per Gaza” punisce i lavoratori e l’Italia

di Paolo Crucianelli - 22 Settembre 2025 alle 09:44

Maurizio Landini, segretario generale della CGIL, si è intestato la mobilitazione nazionale di venerdì 19 settembre, con manifestazioni, presidi e ore di sciopero in diversi settori. Non è stato uno sciopero generale totale e permanente, ma un’iniziativa di protesta politica che, secondo le parole del leader sindacale, dovrebbe proseguire anche in futuro con ulteriori giornate di lotta, se le richieste non saranno accolte.

E quali sono queste richieste? Un elenco che assomiglia più a un’agenda di politica estera che a una piattaforma sindacale: cessate il fuoco a Gaza, corridoi umanitari, riconoscimento dello Stato di Palestina, stop alla vendita di armi a Israele e addirittura blocco totale degli scambi economici con Israele da parte dell’Italia e dell’Unione europea. Ed è qui che nasce la contraddizione. Perché un sindacato che dovrebbe difendere lavoratori e imprese italiane finisce per chiedere un provvedimento che, se applicato, colpirebbe soprattutto proprio quei settori manifatturieri che la CGIL dice di voler proteggere.

I numeri parlano chiaro: l’export italiano verso Israele vale circa 3 miliardi di euro all’anno. Non è una quota enorme sull’intero commercio nazionale, ma è vitale per molti distretti industriali: macchine utensili in Lombardia ed Emilia-Romagna, farmaceutica tra Lazio e Toscana, moda e design tra Milano, Firenze e Veneto. Bloccare questi rapporti significherebbe tagliare ordini, fatturato e salari proprio ai lavoratori italiani.

E se fosse Israele a rispondere con un contro–embargo, la situazione peggiorerebbe ulteriormente: l’Italia perderebbe forniture preziose, in certi casi vitali e insostituibili, di tecnologie di punta in campi come la cybersecurity, la biotecnologia, i droni e la Difesa, dove Israele è tra i leader mondiali. Non stiamo parlando solo di agrumi o diamanti, ma di segmenti cruciali per la modernizzazione del nostro sistema produttivo e per la sicurezza nazionale.

Insomma, Landini propone un autogol perfetto: un provvedimento che non metterebbe in ginocchio Israele, che potrebbe facilmente riorientare i propri commerci verso Stati Uniti, Regno Unito e Asia, ma che rischierebbe di danneggiare l’Italia. Un sindacato che, invece di difendere i lavoratori, propone misure che li penalizzano in nome di un’ideologia, che peraltro riguarda fatti che avvengono altrove. Occorre anche puntualizzare, perché forse Landini non lo sa, che l’export di armi dall’Italia verso Israele – comunque non particolarmente significativo – è stato sospeso dopo il 7 ottobre e restano solo dei residui di vecchi contratti, che hanno un peso economico risibile e un impatto strategico nullo.

La solidarietà internazionale può essere un sentimento nobile. Ma trasformarla in un atto di masochismo economico a carico delle nostre imprese e dei nostri occupati non è più idealismo: è irresponsabilità.

Il grande archivio di Israele

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