Ha Stato Israele
Netanyahu come Putin e Khamenei? Legittima idea, ma fuori dal mondo
di Iuri Maria Prado - 7 Agosto 2025 alle 12:25
Se i giornali fossero spurgati dai veleni bugiardi che li intossicano quando si discute di Israele, se fossero liberati dalle notizie false e dalle censure di verità che ne armano le quotidiane requisitorie contro un Paese che non sarà perfetto, ma che non è certo il male assoluto fattosi Stato, allora anche le idee improbabili che diffondono finirebbero per consunzione.
Prendi il Corriere della Sera. Che ieri ti sbatte in pagina, a firma di Andrea Nicastro, la bella trovata secondo cui il primo ministro di Israele, Benjamin Netanyahu, è “come Vladimir Putin e Ali Khamenei” quando si tratta di resistere a “critiche, inchieste e accuse”. È un’opinione, per carità. Un’opinione del tutto legittima come ogni opinione. Ma che avrebbe qualche difetto di presentabilità se non si impiantasse sulla rimozione di alcuni fatti abbastanza palpabili. Israele è certamente assediato da un potere tirannico inscalfibile, come l’altro giorno, ancora sul Corriere, ricordava Dacia Maraini. Ma diciamo che le critiche al potere costituito e a chi, come Bibi, lo rappresenta, non prevedono ancora l’impiccagione o la somministrazione del polonio per chi vi si azzarda. Accusare Netanyahu di qualcosa è certamente pericolosissimo, nessuno lo nega, e infatti non lo fa mai nessuno nemmeno per scherzo. Ma diciamo che, semmai a qualcuno venisse l’uzzolo di farlo, guai, d’accordo, ma non gli si aprirebbero le porte del carcere, né la finestra da cui fare un’inspiegabile esperienza di volo.
Le “inchieste”, poi, quelle cui Bibi sfugge inventandosi una guerra con l’Iran (una “distrazione di massa”, spiega il Corriere). Certo, il leader russo e quello iraniano sono più composti, più rispettosi, persino più umili al cospetto alle magistrature che frequentemente li chiamano alla sbarra e davanti ai giornalisti che ogni giorno li incalzano. Ma qualcuno racconta, anche se non si sa quanto sia vero, che tra una fase e l’altra del genocidio qualche giudice sia riuscito a interrogare il dittatore dello Stato ebraico, e qualche foglio di stampa clandestina l’avrebbe addirittura – sia pur timorosamente e sofficemente – criticato.
Se non si accantonassero alcuni fatterelli – di poca importanza, d’accordo – e cioè che in Israele dopotutto si vota e c’è un’opposizione, le ragazze non finiscono con la testa spaccata per la ciocca fuori posto, i ragazzi non finiscono a grappoli appesi alle gru se cantano la canzone sbagliata, gli oppositori, pur menando vita grama, non sono deportati e torturati, ecco, se di questi dettagli si tenesse conto sarebbe forse più difficile veder diffusa dal primo quotidiano d’Italia l’opinione secondo cui, per stare al potere, il primo ministro di Israele usa gli stessi metodi di Putin e Khamenei.