Le Ragioni di Israele

Pace a Gaza, l’accordo arrivato con colpevole ritardo

di Iuri Maria Prado - 10 Ottobre 2025 alle 09:40

Qualunque cosa si pensi dell’accordo raggiunto nelle ore scorse, un fatto è indiscutibile: e cioè che sarebbe stato possibile raggiungerlo molto prima, e con il risparmio di atroci sofferenze sui due campi, se la comunità internazionale non si fosse posta, già il giorno successivo ai massacri del 7 ottobre, contro il diritto dello Stato ebraico di combattere e sconfiggere le forze terroristiche che lo avevano attaccato. Hamas e le altre sigle sterminazioniste palestinesi avevano un sostanziale alleato, non un avversario, nel fronte della comunità internazionale che non solo non riconosceva, ma contrastava a ogni tappa sia il programma di reazione di Israele al pogrom del Sabato Nero, sia l’azione preventiva rivolta a impedire che gli autori di quella devastazione rimanessero nella possibilità di ripeterla, come peraltro rivendicavano di voler fare.

Le cose andarono in questo modo all’inizio delle operazioni, con Israele legittimato semmai a “difendersi”: che voleva dire stare sotto alla pioggia di missili provenienti da Gaza e dal Libano, lasciando intatta Gaza trasformata in una immensa postazione di lancio e lasciando che la Galilea fosse incenerita, con 80 mila profughi israeliani in casa propria. Le cose continuarono così – mentre già erano depositati i ricorsi per “genocidio” – con le operazioni su Rafah, ritardate di mesi e mesi per opera dell’alleato ostile Joe Biden che centellinava a Israele persino i bulldozer, altro che le bombe da 2000 libbre, mentre all’Aia gli avvocati del Sud Africa strillavano che “Se cade Rafah, cade Gaza”. Le cose proseguivano nello stesso modo con il corridoio Philadelphi, traforato dal passaggio di armi, che Israele avrebbe dovuto cessare di presidiare “per garantire la pace”. E ancora era lo stesso andazzo con le operazioni su Gaza City, osteggiate dalla comunità internazionale nel trionfo delle accuse di genocidio, di carestia indotta, di pulizia etnica.

Lungo questo ormai biennale percorso, le forze terroristiche di Gaza hanno potuto contare, se non sull’amicizia per sé stesse, almeno sull’inimicizia in cui la comunità internazionale si esercitava nei confronti di Israele, pressoché senza sosta e senza eccezioni a parte quella di Donald Trump. Un amico inaffidabile, ma molto meno pericoloso del predecessore coartato da Kamala Harris e dalla Cnn a dichiarare che le armi statunitensi erano usate da Israele per uccidere i civili. Il tutto, mentre il Segretario di Stato Antony Blinken, pochi giorni prima della fine dell’incarico, sussurrava che in effetti la comunità internazionale aveva fatto più pressione su Israele che su Hamas. Si osserva solo una parte del problema se si dice che Israele era isolato e aveva molti avversari. Si vede meglio se si dice che non era isolato il terrorismo di Gaza.

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