Le Ragioni di Israele
Prezzo dei beni a Gaza, il crollo dopo l’annuncio di Pace: erano imposti da Hamas
di Iuri Maria Prado - 11 Ottobre 2025 alle 11:15
Nei giorni scorsi i mezzi di informazione hanno con enfasi diffuso la notizia secondo cui i prezzi dei beni di consumo a Gaza sarebbero crollati in concomitanza con l’annuncio del cessate il fuoco. Già solo questo dimostra qualcosa, perché è evidente che una flessione dei prezzi per effetto di quell’annuncio non ha a che fare in nessun modo con le quantità dei beni in entrata, insomma con l’attuale disponibilità degli aiuti: tutt’al più, la discesa dei prezzi potrebbe riflettere un cambio di aspettativa circa la garanzia che quella disponibilità permanga o aumenti. Ma non è neppure così.
La realtà è che l’andamento dei prezzi a Gaza non c’entra assolutamente nulla con la frequenza e consistenza delle forniture e, dunque, con le quantità disponibili di quei beni nella Striscia. L’Ufficio di Centrale di Statistica dello Stato di Palestina informava che già in agosto la curva dei prezzi era scesa notevolmente (-20% soltanto rispetto a luglio), con flessioni notevolissime per alcune categorie di beni (-70% lo zucchero, -67% la farina, -55% legumi e vegetali secchi, -52% il pollame, -34% gli olii vegetali). Flessioni notevolissime che si registravano senza che fosse alle viste nessun accordo per il cessate il fuoco e, soprattutto, mentre si ripetevano gli allarmi per una presunta carestia di portata catastrofica. Alcuni dati spiccavano: quelli relativi alle più modeste diminuzioni (rispettivamente -13,59% e -14%) del prezzo della frutta fresca e del caffè (vediamo tra pochissimo perché questi dati sono tanto significativi).
Che cosa significava, e che cosa significa, tutto questo? Ciò che si è sempre saputo, ma che quei numeri descrivono meglio di qualunque discorso: e cioè che quei prezzi erano fatti, e imposti, dai terroristi che gestivano il mercato degli aiuti. Anzi, che avevano fatto degli aiuti un mercato, il proprio: in parte per approvvigionare le proprie milizie e, in parte anche più fruttuosa, per cavare profitto dall’imposizione di condizioni giugulatorie alla popolazione. Facevano i soldi sulla fame della gente, mentre la comunità internazionale accusava Israele di usare la fame come arma di guerra.
Non è molto difficile, a questo punto, capire perché sia significativo quel non enorme calo del prezzo della frutta fresca o del caffè rispetto al precipizio in cui è sceso, per esempio, quello della farina o del pollame. I gentiluomini che tenevano in pugno Gaza, molto semplicemente, infierivano sui prezzi dei beni più vitali: quelli, cioè, l’assenza o scarsità dei quali più affliggevano la normalità alimentare della popolazione. Senza frutta non si soffre troppo e in ogni caso non si muore: senza carboidrati e proteine, sì. Il caffè non è bevuto dai bambini, e se ne può fare a meno: perché aumentarne il prezzo? Anche questa è stata la “resistenza” di Hamas: il mercato nero sulla pelle dei palestinesi.