Rassegna stampa del 13 novembre 2025

Il dibattito mediatico italiano sul Medio Oriente oggi ruota attorno a due temi intrecciati: la proposta di grazia per Benjamin Netanyahu, avanzata da Donald Trump e discussa con toni accesi sulla stampa internazionale, e la narrativa – ancora polarizzata – sul conflitto in corso, dove la dimensione politica interna israeliana viene spesso confusa con il giudizio sul diritto di Israele a difendersi.

Sulle prime pagine domina l’appello dell’ex presidente americano a Israele: “Grazia per Bibi, eroe di guerra e leader di pace”. Il messaggio – interpretato come un gesto simbolico di solidarietà – ha scatenato reazioni contrastanti. Mentre Repubblica e Avvenire ne fanno una prova del “declino morale della leadership occidentale”, Il Giornale, Il Riformista e Il Foglio leggono invece nell’intervento di Trump un segnale politico: il riconoscimento del ruolo di Netanyahu come garante della sicurezza israeliana di fronte a un’ostilità internazionale crescente.

Nella stampa mainstream prevale il tono scettico. Il Corriere della Sera offre spazio a Mirjana Spoljaric Egger (CICR) in un’intervista che dipinge un mondo in cui “le guerre non hanno più regole” e in cui la neutralità umanitaria viene messa in discussione. Ma anche qui Israele è evocato più come “attore problematico” che come Stato minacciato da un nemico dichiaratamente genocida. L’analisi appare astratta, incapace di distinguere tra chi viola deliberatamente le Convenzioni di Ginevra e chi, come Israele, si trova a combattere un’organizzazione terroristica che le usa come scudo.

Sul fronte opposto, Domani e Il Manifesto insistono su una narrazione già nota: “gli aiuti tornano a Gaza ma i raid continuano”, “la burocrazia condanna a morte l’arte”. Nessun accenno al ruolo di Hamas nel bloccare i convogli o nell’appropriarsi sistematicamente delle forniture. L’obiettivo è rafforzare il paradigma del “potente contro il debole”, evitando qualunque riflessione su come la violenza jihadista renda impossibile la convivenza civile nella Striscia.

Nel complesso, si osserva una distribuzione sbilanciata del racconto: la cronaca anti-israeliana rimane la norma, il dubbio è l’eccezione. Tuttavia, alcuni segnali di inversione emergono. Il Riformista, con due articoli centrali (“Trump a Herzog: grazia per Bibi” e “La grande menzogna sull’ecatombe a Gaza”), demolisce la propaganda numerica di Hamas e denuncia il crollo delle narrazioni sensazionaliste: “spariti i 70 mila morti, nessuna fossa comune”. Una ricostruzione che restituisce complessità e, finalmente, proporzione ai dati di guerra.

Infine, Il Foglio propone due testi controcorrente. Andrea Marcenaro ironizza sull’ipocrisia pacifista che tace di fronte all’antisemitismo (“Quando i pacifisti non protestarono per la bara davanti alla sinagoga”), mentre un altro articolo (“Hamas in sol maggiore”) smonta la fascinazione culturale per il fondamentalismo. Sono rari, ma preziosi esempi di giornalismo che rifiuta la scorciatoia del moralismo e prova a ricostruire la verità dei fatti.

Non ci sono fosse comuni a Gaza: la grande menzogna sull’ecatombe e i 70mila morti “spariti”

Un articolo documentato e coraggioso, che smentisce la propaganda delle cifre gonfiate diffuse da Hamas e rilanciate senza verifica da molte agenzie internazionali. Nardi analizza i dati incrociati delle fonti sanitarie locali e dell’ONU, mostrando incongruenze macroscopiche e manipolazioni evidenti. Un raro esempio di giornalismo basato sui fatti, non sui sentimenti.

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Intervista a Mirjana Spoljaric Egger – «Guerre ormai senza regole Noi criticati per la neutralità ma serve a salvare vite»

Intervista alla presidente del Comitato Internazionale della Croce Rossa, Mirjana Spoljaric Egger. Il pezzo ha il merito di riportare il dibattito sul terreno della legalità internazionale, ma manca di chiarezza nel distinguere tra neutralità e relativismo morale. Israele è trattato come “uno dei tanti” attori in guerra, senza riconoscere le differenze tra uno Stato democratico e un gruppo terroristico. Un articolo serio ma ambiguo, più equilibrato nella forma che nella sostanza.

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Territori occupati, ma il boutique hotel su Booking è libero

Un servizio fazioso, costruito per insinuare l’idea che Israele normalizzi l’occupazione attraverso il turismo. L’articolo si concentra su un hotel in Cisgiordania, ma ignora completamente le norme legali internazionali e la pluralità di voci sul tema. Assente qualsiasi verifica delle fonti o confronto con le autorità israeliane. Il tono ironico e accusatorio trasforma un reportage turistico in un esercizio di delegittimazione politica.

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Il grande archivio di Israele

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