Le Ragioni di Israele

Tregua a Gaza, la messinscena sugli ostaggi: Hamas seppellisce cadaveri e poi li riscopre, intanto si sta riorganizzando

di Iuri Maria Prado - 29 Ottobre 2025 alle 11:37

Per due anni i comunicati e le accuse del Forum delle famiglie degli ostaggi israeliani finivano in prima pagina e in apertura dei telegiornali. Servivano a rappresentare la scena di una società disperatamente avversa al governo di Benjamin Netanyahu e dei suoi ministri fondamentalisti, l’esecutivo descritto come una compagine di guerrafondai che proseguiva inutilmente un conflitto inutile, disinteressandosi dei rapiti.

Ha avuto sorte diversa il comunicato che quelle famiglie diramavano l’altro giorno, chiedendo al governo israeliano e all’Amministrazione degli Stati Uniti di Donald Trump di non procedere nell’attuazione delle fasi successive degli accordi finché Hamas non restituirà i corpi degli ostaggi uccisi che ancora detiene. “Hamas”, hanno dichiarato, “sa perfettamente dove sono i corpi degli ostaggi morti”. Ma appunto: se i parenti delle vittime del 7 ottobre reclamano che Hamas “adempia alle proprie obbligazioni e restituisca ogni ostaggio a Israele”, ecco che perde di urgenza riportarne la voce.

Specie in una temperie di generalizzata noncuranza davanti alla riprova che le dirigenze di Hamas – si faccia attenzione – non soltanto si mostrano indisponibili a cedere le armi e a rinunciare a esercitare il proprio potere nel futuro amministrativo e della ricostruzione di Gaza, ma reiteratamente si sono abbandonate alla violazione degli accordi anche con riferimento al cessate il fuoco (Hamas ha attaccato e ucciso militari israeliani) e, appunto, riguardo la restituzione degli ostaggi. Il teatro degli escavatori e dei bulldozer che aprono voragini e rimuovono macerie alla ricerca dei corpi è l’ennesimo oltraggio alla verità che conoscono tutti e che infine ha esasperato quelle famiglie: quei corpi non stanno sotto trenta metri di terra, altrimenti nemmeno la spregiudicatezza di Hamas si sarebbe spinta a prometterne la restituzione.

La realtà è che Hamas sta usando questo tempo per riorganizzare il poco o tanto delle proprie forze residue, e quei cantieri tutt’al più – come rivelato da un video diffuso ieri – servono a inscenare ritrovamenti posticci (un drone ha ripreso uomini di Hamas che seppelliscono un cadavere per poi fingerne la “scoperta”). Completano il quadro le menzogne giustificative cui fanno ricorso i negoziatori palestinesi: e cioè che “è difficile localizzare i corpi dei prigionieri israeliani perché l’occupazione ha alterato il terreno di Gaza”, mentre in altri casi (questo arrivano a sostenere) “quelli che li hanno seppelliti sono stati uccisi o non ricordano più dove li hanno seppelliti”.

Il tutto, con la Croce Rossa chiamata a tenere bordone a questa macabra messinscena, dopo un biennio di totale latitanza inframmezzata solo dalle calorose strette di mano con quelli che restituivano ischeletriti o direttamente nelle bare i deportati del Sabato Nero. Per Israele la restituzione degli ostaggi era cruciale sia che essi fossero vivi sia che essi fossero morti. Era così all’inizio e continua a essere così. È ciò che gridano le famiglie, questa volta immeritevoli di ascolto perché la loro voce non vien buona ad accusare il governo israeliano.

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